Mi capita spesso di ricevere richieste di consigli di lettura e, altrettanto spesso, mi capita di non riuscire a sintetizzare, in poche parole, cosa sento dopo aver terminato un libro. Un libro è un universo, una vita intera, un mondo speciale, e io faccio fatica a semplificare aggettivi e concetti ad esso correlati. Ci ho provato, a raggruppare, ma ogni volta ho tralasciato elementi, emozioni, suggestioni. E questo non è raccontare un libro, anzi, è penalizzare ciò che l’autore ci ha dedicato.
In questo caso specifico, sintetizzare “Il Manoscitto” di Stefania Convalle, la sua nuova opera, è un’impresa praticamente impossibile ma, per ovvie ragioni, cercherò di fare del mio meglio.
Nel titolo, per iniziare, si racchiude un mondo fatto di immagini evocative di un tempo che troppo spesso abbiamo allontanato: le fasi di scrittura a mano, oggi sempre più rare, vista la tecnologia che è entrata a far parte del nostro quotidiano. Immaginate un diario, un’agenda, o anche solo un fascio di fogli all’interno dei quali non esistono solo parole e fatti, ma un insieme di emozioni che dal cuore arrivano alla mente e, da qui, alla mano che impugna una penna e li trascrive, con pazienza, cura, e qualche errore o cancellatura. Facile, dunque, comprendere come, nella scelta del titolo, l’autrice abbia già racchiuso un mondo tutto da scoprire.
Quando si inizia la lettura, quel mondo letterario che l’autrice ha creato, diventa un bel posto in cui stare. Il primo incontro è con Emilia, la protagonista. Una donna che si occupa di talenti letterari e sogni da pubblicare, una donna che scopre la sua fragilità dopo una storia d’amore che non l’ha resa felice e che ha bisogno di ritirarsi in un nido, lontano dalla sua quotidianità. Una storia di fine e principio, insomma e, in questa fase preliminare, il suo bisogno di ripartire da dove tutto ebbe inizio, in quel tempo felice e spensierato che è stata la sua infanzia, rende questo personaggio autentico e appassionante.
Quando Emilia lascia Milano alla volta di Trieste, la città nella quale ha vissuto la dolce e felice età dell’infanzia, sono partita anch’io. Adoro i ritorni, quelli verso le origini.
Immergendosi nella trama, il ritorno (e il bisogno in esso racchiuso) diventa ancor più forte. Ho apprezzato la scelta dell’autrice di inserire profumi che – se chiudi gli occhi – ti sembra di sentirli: come quello della berlina – una montagna di panna e amarena – che consumava al bar, in compagnia della zia Wanda che lavorava con l’uncinetto, oppure della “millefoglie” che volteggia in cucina. Sono profumi di casa, di cose belle, indimenticabili. Tutto ciò di cui ha bisogno Emilia (e anche noi).
Il tempo di ricostruire, quello lineare e senza intoppi (che poi, esiste davvero?) non è ancora giunto, per la protagonista: ci sono personaggi che entrano nella sua vita, senza che lei l’abbia scelto, c’è un’amicizia speciale, con una vicina di casa, che nasce davanti un goccio di slivovitz, un manoscritto che rincorre i suoi sguardie poi, naturalmente, l’Amore. Quest’ultimo tema è presente in molte forme, tutte di grande rilievo, a mio avviso, perché Emilia è capace di amare, di concedersi, di proteggere e di prendersi cura di Altri. Perché l’Amore esiste, ne “Il Manoscritto” ma non aspettatevi nulla di sdolcinato o troppo mieloso: è un sentimento, a tratti doloroso, che ha generato solitudine, che aspetta il perdono. Insomma, un sentimento autentico, che ti lascia addosso riflessioni da elaborare.
Nel viaggio di Emilia, Trieste è uno sfondo che regala emozioni su emozioni. La protagonista, insieme ad alcuni personaggi di cui non vi svelerò altro, esplora luoghi a lei cari e, in molte occasioni, mi è sembrato di vedere gli scorci della città, il mare che diventa specchio per i palazzi storici, i Caffè che sono luoghi d’incontro, tra sapori e sguardi, e che generano momenti eterni.
“Il Manoscritto” è un’opera che racchiude una trama, tante possibilità, vite e destini che s’incontrano per restare, di parole scritte per non dimenticare ciò che è stato; di sfide e incoraggiamenti, di verità e bugie, di vicinanza e speranza.
E, infine, una nota sulla “penna”. Non ho mai negato quanto mi senta bene, tra gli scritti di Stefania Convalle: la sua capacità di accarezzare con decisione, di far vivere sentimenti sopiti ed emozioni autentiche, di narrare con sintesi e semplicità, è un talento che merita di essere sostenuto e promosso.
Si ringrazia l’autrice per il file lettura in omaggio.
Nota biografica dell’autrice:
Stefania Convalle ha al suo attivo numerose pubblicazioni: romanzi, poesie, opere sperimentali a più mani e un manuale di scrittura. Tra i riconoscimenti più importanti, il Premio Giovani “Microeditoria di qualità”: nel 2017 con il romanzo “Dipende da dove vuoi andare” e nel 2018 con “Il silenzio addosso”; entrambe le opere sono state presentate nel programma “Milleeunlibro” di Rai Uno. Nel 2020 “Anime Antiche” si aggiudica il “Marchio della Microeditoria”.
Scrittrice, organizzatrice di eventi culturali, ha fondato il Premio Letterario “Dentro l’amore”. Writer Coach, Talent Scout, Stefania Convalle è anche editrice dal 2017, anno di fondazione della Edizioni Convalle, “una casa editrice col cuore d’autore”, come ama definirla.
Il sito dell’editore è: www.edizioniconvalle.com