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“Come biglia in equilibrio precario” di Riccardo Simoncini,Edizioni Convalle.

Che rapporto hanno gli scrittori con i loro lettori? È una domanda ampia, che mi torna in mente spesso. Immagino ci siano autori che amano confrontarsi, magari attraverso uno scambio di corrispondenza, altri che preferiscono le presentazioni live (che nostalgia…) dove il contatto è diretto, qualcun altro invece si sarà avvicinato ai canali social che vanno per la maggiore, al momento. Immagino esistano anche scrittori che non amano raccontarsi al pubblico, che prediligono la scrittura e non la commercializzazione della loro opera, altri che, per carattere, non amano apparire. Nessuno si senta giudicato, in questa pagina, sia chiaro. Un libro è un figlio e come tale sa parlare del proprio genitore anche senza parole.

Però, quando ti capita di leggere un ringraziamento finale che dice: “…Chissà, magari può interessarti sapere che ho iniziato a scrivere per rompere dei silenzi che avevano iniziato a pesarmi addosso come abiti bagnati, e che ho continuato a farlo perché mi piaceva. Magari ti importerà sapere che scrivere non è servito a risolvere nulla, perché in certe occasioni servono le parole sotto altre forme…” ti accorgi che non stai sbagliando. Esistono ancora scrittori capaci di far parlare il cuore, di aprirti la porta su quel lato oscuro che, durante la lettura, hai avvertito ma che non avevi ancora ben chiaro. Eh sì, cari amici, esistono ancora anime che ascoltano i silenzi.

Riccardo Simoncini nella sua prima opera “Come biglia in equilibrio precario”, pubblicato da Edizioni Convalle, riesce a fare proprio questo: tesse una rete di suggestioni, di anime in viaggio, di solitudini che non si bastano più. Sono racconti, alcuni brevi, nei quali si evince una grande umanità, un attaccamento ai bisogni primari dell’uomo e al suo essere, uno stato che troppo spesso diamo per scontato.

Il viaggio in treno, immagine cara a molti scrittori, è l’ambientazione di molti racconti. Il movimento intorno e lo spazio angusto, l’attesa e gli incontri inaspettati esasperano la ricerca interiore, come se, appunto, l’allontanamento dal proprio denominatore comune fosse la risposta (semplice) alle tante domande che ancora non trovano risposta. Tuttavia, anche se non sempre fisico, il viaggio è il protagonista di quest’opera: è il silenzio della ricerca, di uno sguardo sconosciuto, di un seguito inaspettato, del destino che capita.

Lo scrittore spazia tra i personaggi, comunica con loro, li esalta e spinge la loro voce con delicata convinzione e questa tecnica complessa tipica delle raccolte di racconti evidenzia una grande capacità creativa e narrativa: una raccolta di racconti che si definisca tale risponde proprio alle caratteristiche di  “Come biglia in equilibrio precario”.

Il titolo dal significato mai così attuale, va a esasperare, ancora, i silenzi che lo scrittore ha sentito e che il lettore avverte, in tutta la loro forza. Oggi, in questo particolare periodo storico è assolutamente condivisibile la sensazione di precarietà che il titolo evoca e che, per molti versi, è il fondamento dell’opera.

Riccardo Simoncini non si risparmia e si sposta con criterio tra i sentimenti e le delusioni con naturalezza e semplicità e l’aspetto gastronomico affianca le emozioni che il romanzo sprigiona.

Renato, il primo protagonista obbligato ad affrontare un viaggio, teme la precarietà e i suoi effetti drastici. Il suo bisogno costante di controllo si riversa sul latte del mattino scaldato per quarantadue secondi esatti; segue la dieta dettata dal “Calendario di Frate Indovino” che recita sessanta grammi di pasta (potrei svenire, non sono un po’ pochini?) con la salsa al pomodoro. Renato, uomo preciso e metodico, sulla salsa non delude. Da italiani sappiamo quando sia fondamentale la scelta di una buona preparazione, per la riuscita del piatto più famoso al mondo. E proprio per questo, quella che sceglie è biologica, fresca, profumata e indiscutibilmente perfetta. Sulla carta almeno, perché da qualche tempo la salsa che gli vende la bella e dolce Agnese, ha un sapore ingiustificato, amarognolo, pungente, tipico dei desideri inconfessati.

C’è Akira, un dolce amico peloso che aspetta Giorgio, il suo padrone. Nell’attesa straziante e commuovente gli viene naturale ricordare ogni profumo: Giorgio di umore nero che si cura con birra, divano e Tv e le salsicce arrostite del chiosco che profumano l’aria della strada nei pomeriggi di festa.

Ci sono Giacomo, Ercole e Attilio, un’amicizia ambigua, nata tra i vagoni del treno, nella bella Sicilia ospitale e inondata dalla luce calda del sole. Un fico d’india, la rappresenta così Simoncini, “dall’aspetto ostile fuori ma dolce dentro”; dove le spine sono una corazza che serve a proteggere un tesoro squisito che altrimenti si deteriorerebbe. La gastronomia del Sud è un legame serio che non si spezza neanche quando è la terra a essere divisa naturalmente dal mare. Lo sa bene Ercole che sceglie Messina così da poter avere arancini, panelle e cannoli da una parte e peperoncini, nduja, e provolone dall’altra.

Sempre a bordo di un treno, uno scippo innesca un intreccio curioso tra un uomo, una donna e sua figlia. I legami, si sa, si saldano meglio a cena ed è proprio tra luci soffuse, chiacchiere conviviali e sapori eccellenti che le anime si accorgono che insieme è meglio.

Infine c’è Roberto, anche lui viaggiatore spaziale, in cerca di se stesso e del modo migliore per gestire la rabbia di un conflitto che non riesce a superare. Roberto si butta sui tonnarelli cacio e pepe, convinto che un sapore spinto gli permetterà di vedere le cose sotto una luce più chiara. Invece no, perché il cibo ti aiuta a sostenere il dolore ma non può cancellarlo, caro Roberto.

Mi piace definire i libri di questo “da aperitivo”. Sono quei libri che puoi leggere sempre, in qualsiasi situazione fisica o emotiva tu sia e che, proprio come un aperitivo, anticipano qualcosa di più grande, già pronto per essere gustato.

Si ringrazia l’autore per l’invio diretto del manoscritto.

Nota biografica dell’autore:

Riccardo Simoncini, classe 1978, di giorno in giro per l’Italia a bordo dei treni, di notte aspirante scrittore. A tempo pieno papà per passione.

Nasce e passa parte della sua vita a Milano ma cresce e torna tra i vicoli stretti ed accoglienti della calda Palermo, un diploma tecnico in attesa infinita di una laurea ancora più tecnica, ed una vena artistica in cerca della sua giusta direzione.

L’arrivo in finale di un suo elaborato a un concorso letterario (che ha dato il via alla collaborazione con riviste a tiratura nazionale) lo ha convinto a ad insistere su questa strada, e dunque continua a dare sfogo alla sua fantasia, mettendo per iscritto le idee strane e malsane che frullano in quella testa in perenne movimento, come le foglie degli ulivi sferzati dai venti della sua terra.

La sua opera prima, una raccolta di Racconti dal titolo “Come biglia in equilibrio precario” è edita da maggio del 2017.

A dicembre dello stesso anno, insieme ad altri tre autori, pubblica un esperimento letterario dal titolo “Dalla A alla Zeta – Follie di quattro scrittori”.

Nel 2018 arriva il suo primo romanzo “Il granello di sabbia nell’ingranaggio” e, nello stesso anno, il suo ultimo lavoro attualmente edito “Cerca di non mancarmi troppo” scritto a quattro mani insieme a Stefania Convalle.

Tutte queste opere sono edite da Edizioni Convalle.

Link di acquisto del libro:

https://www.edizioniconvalle.com/come-biglia-in-equilibrio-precario-9788885434028-c2x25247266

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