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“Chiuse le pagine del libro – dialoghi e racconti” di Amelia Belloni Sonzogni.

chiuse le pagine del libro

“Guardala, anche oggi seduta al pc, controlla, cerca, scrive, invia mail… Certo che il libro è un bell’impegno anche dopo averlo scritto e pubblicato! E io, come posso aiutare?”

Qual è la strategia di marketing più efficace per vendere un libro? Fatevi avanti e non siate timidi, cari scrittori e lettori, perché questo è un argomento di interesse sempre attuale, che prevede logiche, abitudini, sapere tecnologico, psicologia, comunicazione e molto altro ancora. Come non citare, poi, l’evergreen e intramontabile “passaparola” che è alla base dei social media. Che dire, poi, delle recensioni in rete degli utenti, le quali aprono un ventaglio di analisi che potremmo studiare per giorni.

Insomma, la fatica dello scrittore non si conclude quando, svuotato di ispirazione, scrive la parola fine al suo testo. Anzi, appare chiaro l’impegno che la fase post scrittura richiede, una fase indispensabile, che l’autore non può estromettere dal suo piano di lavoro perché la promozione, e tutte le possibilità a suo supporto, sono e saranno sempre più parte del “pacchetto” libro. Ancor più indispensabile, quando l’autore è imprenditore di se stesso.

Amelia Belloni Sonzogni parte proprio da questo principio e introduce il lettore nel suo “Chiuse le pagine del libro – dialoghi e racconti”. L’idea è geniale: narrare le fasi della promozione di “Io ho sempre parlato – Vita di un cane unico con umani normali” attraverso la voce degli stessi protagonisti a quattro zampe, ripercorrendo le fasi che la stessa autrice ha messo in campo. (Qualche lettore ricorderà la trama del libro e l’interessante intervista che facemmo, ma per chi non ne avesse memoria o non l’avesse mai letta, di seguito trovate il link diretto: https://bood.food.blog/2021/01/14/io-ho-sempre-parlato-vita-di-un-cane-unico-con-umani-normali-di-amelia-belloni-sonzogni-youcanprint-boodperglialtri-boodinterviste-2/)

Chiuse le pagine del libro” è dunque un libro parallelo, un’appendice, un’idea originale per coinvolgere ulteriormente il lettore nello spaccato di vita che è stato “Io ho sempre parlato” anche se, l’autrice ci tiene a precisare che le due opere non sono indispensabili per la comprensione dell’una o dell’altra.

Lo stile narrativo è sempre lo stesso: i dialoghi tra Pedro e Giatt raccontano la vita dei loro umani preferiti, non risparmiano i momenti più commoventi della loro storia terrena e aggiungono quel pizzico di ironia che non guasta mai.

Per affiancarmi all’opera di continuità che ha iniziato l’autrice, ho voluto ospitarla, e sono felice che lei abbia accettato il mio invito.

Eccola!

VG: Buongiorno, Amelia. Bentornata.

ABS: Buongiorno Valeria. È sempre un piacere chiacchierare con te. Grazie per l’invito, ancora più gradito per la motivazione che lo ha generato.

VG: C’è un passaggio chiave, molto divertente, nel quale traduci in tre concetti ciò che hai compreso del marketing, passaggio che io non ho intenzione di svelare, ma che mi è piaciuto molto. Ti chiedo, invece, quale strategia di marketing proporresti a un autore emergente che inizia questa attività in solitaria, da autore self, per esempio?

ABS: Non la svelerò neppure io, ma posso dire di condividerla in pieno, almeno per la mia esperienza. Mi sento l’ultima in grado di suggerire o proporre una strategia di marketing, considerato che solo la parola produce in me lo sconcerto di chi con i numeri, le statistiche, i piani cartesiani e i conti ha poca confidenza. Però, come hai sottolineato, la promozione è indispensabile per chi si auto pubblica e forse anche per chi si affida a un editore, almeno per quel che ho letto e per come vedo “muoversi” sui social altri autori che hanno scelto strade tradizionali. Di sicuro parte in vantaggio chi per età e formazione ha dimestichezza con il mondo digitale e/o ha studiato la materia, il marketing appunto. Tuttavia, anche chi ne è a digiuno come me e, per anagrafe, è un “adulto digitale” può trovare in rete indicazioni su come agire.

Anche qui però, bisogna saper scegliere. Ho infatti notato, spesso, un’enfasi eccessiva, a volte fuorviante, quasi a voler ingigantire questioni per me banali, quando non inesistenti. Quando ho letto ad esempio del “piano editoriale”, ho pensato a qualche suggerimento concettuale, anche se – da storico – so bene che la linea editoriale di quanto proponi, più ti appartiene in senso letterale e meglio funziona. Mi aspettavo comunque qualcosa di speculativo… invece cos’era? Istruzioni per l’uso di un’agenda. Ora, dalle scuole elementari si dovrebbe imparare a gestire un diario, e a organizzarsi tempi e modi dello studio e poi del lavoro; fa parte della formazione personale, dovrebbe essere un prerequisito. Ma tant’è. Questo si trova: pagine e pagine di suggerimenti, preceduti da pagine e pagine di considerazioni, a caratteri cubitali con interlinea largo, di una ovvietà di frequente disarmante, che si devono comunque vagliare, mettendo in conto, a volte, di pagare profumatamente e, sempre, di sottrarre tempo alla scrittura per impiegarne anche a decidere di non prendere in considerazione nulla di quanto letto.

E io ho fatto così: ho letto, tenuto presente quel che mi è parso sensato e scartato tanto; poi ho rielaborato, forse in modo un po’ naif, cercando di “produrre” qualcosa che prima di tutto rispondesse al mio gusto e alla mia personalità, che raccontasse della mia scrittura e di me, che fosse coerente: detesto essere petulante e con la promozione il rischio è altissimo; quindi, cerco di dosare la mia visibilità con il contagocce e di apparire quando ho davvero qualcosa da dire.

In ogni caso molto dipende dalle aspettative: e questo libro ne è insieme racconto e dimostrazione. La promozione di «Io ho sempre parlato», realizzata anche attraverso i dialoghi che sono diventati «Chiuse le pagine del libro», ha portato risultati impensabili, forse minimi per alcuni, magari risibili per altri, ma per me di grande soddisfazione perché frutto del mio lavoro. «Anche qui dimorano gli dèi» diceva Eraclito: le strategie roboanti potrebbero rivelarsi fallaci, vanno rivalutati quei risultati a torto considerati piccoli. Ad ogni modo, qualunque sia l’obiettivo prefissato, ci vuole molta pazienza, dedizione e un certo intuito abbinato al buon gusto, alla percezione di cosa potrebbe catturare attenzione. Capita anche, in rete, di incrociare realtà concrete e immediate, come il portale in cui si possono inserire i propri testi per una loro promozione. È gratuito e ha quasi raggiunto la soglia dei due milioni di lettori. Se posso citarlo, è Writer Officina, biblioteca «degli scrittori ribelli» ma aperta a tutti. L’anno scorso è stato indetto un concorso tra le opere inserite e il mio «Io ho sempre parlato» ha superato le selezioni arrivando secondo. I dialoghi di «Chiuse le pagine del libro» sono nati proprio per rispondere all’esigenza di raccogliere voti, di promuovere in modo accattivante. Direi che hanno funzionato.

Stiamo parlando sempre di prevalente utilizzo di rete e social. Non ho preso in considerazione le classiche presentazioni in libreria (il firmacopie, per intenderci). Da un lato la pandemia ne ha impedito lo svolgersi, dall’altro non so quanto oggi possano essere davvero efficaci. Nella scelta hanno avuto un peso anche le mie esperienze passate oggi irripetibili, specie per il genere di scrittura al quale ora mi dedico. Alle presentazioni dei miei libri di storia a Milano si sono riempite nel 1990 l’aula Pio XI della Cattolica, nel 1993 la sala napoleonica di palazzo Serbelloni, nel 1998 la sala convegni della Cariplo. [Chi fosse incuriosito, può leggere di cosa mi sono occupata cliccando qui: https://ameliabellonisonzo.wixsite.com/iohosempreparlato/sono-una-storica. Troverà immagini, recensioni, approfondimenti in proposito e il tipo di promozione effettuata all’epoca]. I tempi erano decisamente diversi e l’organizzazione spettava al promotore del libro e all’editore, ma non so se oggi anche una CE di rilievo possa ottenere gli stessi risultati. Di sicuro il parametro non è più costituito dai partecipanti alla presentazione, ma dalla cifra sotto la riga dei ricavi.

Per concludere, le strade da percorrere alla fine sono quelle note: passaparola, post, interviste, recensioni ma anche lettura ad alta voce. Questo strumento penso abbia una grande potenzialità e l’ho sperimentata grazie all’aiuto di Raffaella Marchegiano e Rossella Sabato, titolari di RR audiolibri, che hanno realizzato una presentazione audio-video di autore e libro con lettura di un estratto. Hanno portato la lettura di un capitolo anche in radio. Sentire leggere il proprio testo da voci professionali è davvero emozionante ed efficace. Da parte mia amo la semplicità, la pulizia, l’essenziale e cerco di conformare i miei modi espressivi a questi parametri. Il grimaldello comunque credo sia l’originalità, che è un po’ come il coraggio manzoniano, se non ce l’hai, non te lo puoi dare.

VG: Nei tuoi scritti, avverto sempre una scia di dolcezza, come ho scritto dopo la lettura del tuo “Anime animalihttps://bood.food.blog/2021/12/20/anime-animali-di-amelia-belloni-sonzogni-boodperglialtri/. La dolcezza permane, anche in quest’ultimo testo, ma questa sensazione è arricchita di malinconia e ironia. Come descriveresti l’impatto che ha la scrittura in te, e come hai capito che era tempo di “scrivere” per continuare a parlare di Pedro e Giatt?

ABS: Credo nell’indole e nelle innate capacità che devono però essere coltivate e sviluppate, aiutate a manifestarsi in pienezza. Purtroppo, non mi è capitato di seguire questo percorso. Persone e casi della vita mi hanno spinto verso altri settori, anche se la scrittura ne ha fatto parte. I miei primi libri, come ho detto, sono saggi storici, in particolare biografie di personaggi della società milanese e lombarda tra la fine dell’800 e il ‘900 e qualcosa di romanzesco c’era di sicuro in quelle vite, non fosse altro che per i periodi storici in cui si sono collocate. Nonostante l’immedesimazione – necessaria a comprendere il personaggio e a sviluppare ipotesi interpretative con l’ausilio della documentazione d’archivio e dell’intervista ai testimoni – tra me e la mia scrittura da “saggista” c’era sempre un filtro, un diaframma. La necessaria obiettività critica dello storico mi separava dalla pagina. Devo dire però che quando ho cambiato genere mi è tornata molto utile nella rilettura dei miei lavori; si è rivelata cioè uno strumento essenziale nell’opera di revisione, il famoso lavoro di editing. Per rispondere in modo più diretto alle tue domande, la scrittura ha su di me lo stesso impatto dell’acqua del mare quando mi ci tuffo (adoro tuffarmi e nuotare). E più che capire che era il momento di scrivere, è stato il bisogno di superare un dolore straziante, trovargli un senso, dargli una finalità, benefica anche nel caso di questo libro. Lo sarà per tutti gli altri che spero di pubblicare.

VG: Vivere con un amico a quattro zampe richiede impegno e perseveranza. Da entrambi i “lati” (umano e non), tuttavia, c’è un meccanismo che è indispensabile e che va curato. Mi riferisco alla fiducia. Ci daresti una tua definizione di questo concetto che, purtroppo e a volte, non consideriamo per la sua importanza?

ABS: Se parli della fiducia dell’umano verso il cane/animale, non so risponderti perché per me è innata, è una sorta di dimestichezza, familiarità, abitudine, sintonia. Fatte le dovute premesse in termini di prudenza e rispetto, io non so cosa sia la paura nei confronti di un animale; forse perché mi è stato insegnato come avvicinarlo. Parlo logicamente di animali domestici, ma penso che anche nei confronti di un animale selvatico – che purtroppo non ho mai visto libero in natura – sarebbe lo stesso. Ecco, forse solo l’idea di potermi trovare a tu per tu con uno squalo mi incute spavento e la fiducia scema. Se l’umano ha un ruolo da svolgere, a mio parere è proprio quello della protezione e cura degli animali; del mettersi – e non ho detto abbassarsi – al loro livello cercando una comunicazione che sarà molto più complicata per lui che per loro. E le prefazioni ai miei testi scritte dal prof. Raffaele Mantegazza ne sono un significativo approfondimento. Ma tu mi hai chiesto una definizione: allora direi conoscenza, ascolto, rispetto reciproco. Per l’animale (il cane in particolare) è istintivo e immediato, ne è capace e lo attua; per l’umano un po’ meno. E poi l’affidarsi. Il modo in cui un cane ti si affida quando ti riconosce come suo umano, questa è la fiducia, che genera appartenenza e se ne alimenta. Avviene per amore, per contaminazione tra umano e animale, quando si parlano le rispettive anime.

VG: Siamo a pagina 10. Stai parlando di cinghiali. Chiedi a Pedro se si ricorda “quelli che passavano davanti alla finestra, nella casa in Sardegna”. Lui risponde: “Certo. Ricordo anche il tuo terrore che io li incontrassi in uno dei miei giri “fuori zona di sicurezza”.  Tu specifichi che morivi “di paura, ogni volta”. Questo breve passaggio racconta molto del tuo rapporto con i tuoi piccoli amici. Io leggo apprensione e protezione. Chi sono, per te, Pedro e Giatt?

ABS: Sono due esseri speciali, ciascuno con le proprie caratteristiche, direi anzi caratteri, e modi di comportarsi, reagire e interagire diversi, ognuno delineabile e riconoscibile, come ho provato a raccontare. Pedro non è stato il primo cane entrato nella mia vita, ma di sicuro è il primo totalmente «mio», con cui ho vissuto in modo simbiotico in un periodo determinante, per certi aspetti sconvolgente, della mia vita; con lui ho davvero «parlato» su frequenze altre. Apprensione e protezione fanno parte di me: sono aspetti del mio carattere – ereditati da mio padre – che riverso su chi amo: amo Pedro anche se non c’è più fisicamente, amo Giatt, buonissimo, di una tenerezza disarmante, bisognoso di protezione più di Pedro perché meno sicuro di sé. Loro sono parte di me e del mio piccolo nucleo famigliare. Mi permetto di dire che dovrebbe essere così per tutti – e per molti per fortuna lo è.

VG: Ci sono lunghi passaggi dedicati all’orto. Sembra quasi di sentirlo, il profumo dell’ulivo in fiore e delle susine mature. Come sai, io sono una sostenitrice della coltivazione casalinga (anche se non sono un’esperta, ma ci sto lavorando…). Dacci qualche indicazione, suggerimento, qualche furbizia, per una gestione sana delle piccole coltivazioni domestiche.

ABS: Nell’orto passo sempre più tempo: la tranquillità, la pace, il senso di libertà che provo su quell’angolo di collina è pari a quello che mi trasmette il mare, anche se l’impegno fisico è diverso e stancante, ma si lavora in letizia. In realtà, l’artefice dell’orto è mio marito; quindi, per rispondere compiutamente alla tua domanda dovrei far parlare lui, che – pensa – ai tempi dei nostri primi incontri si era presentato come uno che riusciva a far morire anche le piante di plastica. Invece, non dovrei essere io a dirlo ma lo dico ugualmente perché è la verità, è riuscito, con il mio saltuario aiuto di manovalanza, a realizzare qualcosa di ammirato da tutti i vicini. E questo è per noi una vera soddisfazione. Indicazioni e suggerimenti? Un unico principio: evitare qualsiasi componente potenzialmente dannosa per la terra, per i prodotti e per noi che li mangiamo. Questa è l’unica furbizia, se così si può definire; è come quando cucini: quello che metti in pentola, trovi nel piatto. Però, è stato determinante osservare all’opera le mani di chi ha più sapienza di noi. Qui in Liguria, dove abito, è difficile trovare qualcuno che non abbia un orto. A loro, agli amici, dobbiamo moltissimo.

VG: Un altro argomento che tratti spesso, in quest’opera, è il cibo sano che hai introdotto anche nella dieta dei tuoi amici pelosi. Sfiori la questione legata alla pesca, in qualche passaggio, ma descrivi chiaramente cosa pensi a riguardo. Ideologia, salute o entrambe?

ABS: Entrambe, anche perché penso che nel caso del cibo siano inscindibili. Non può essere sano, non è sano (credo lo abbiano anche dimostrato scientificamente) un cibo derivante da sofferenze che sempre più di frequente si rivelano atroci, e tralascio la questione di come sono alimentati gli animali, di terra e di mare, negli allevamenti intensivi. Alle Canarie si stanno predisponendo allevamenti di polpi! A me pare aberrante, una totale distorsione degli equilibri esistenti in natura (o in quel che ne resta) e ancora tutto si compie in nome del dio denaro, che non puzzerà ma è sempre più sudicio. Su questo argomento mi trovo in totale sintonia con una delle poche giornaliste d’inchiesta degne di tale nome attive in Italia: Sabrina Giannini. A lei, infatti, ho pensato quando mi è venuta l’idea di affidare a volti noti la promozione del primo romanzo. Al titolo della sua trasmissione «Indovina chi viene a cena» è ispirata «Indovina chi lo ha letto», la mia piccola campagna pubblicitaria basata su un’idea semplice: la foto di un vip con il mio libro in mano. Ho trovato una persona deliziosa e con l’aiuto della sua press agent (Chiara Giuria Cortese) nel giro di breve ho visto esaudita la mia richiesta. Altri poi si sono aggiunti: Franco Frattini, oggi presidente del Consiglio di Stato, di una cortesia squisita; Fulvio Marino, panificatore e volto noto di Rai 1; Luca Macario sindaco di Torre Boldone e il suo assessore alla scuola e cultura, Manuela Valentini, che si è fatta tramite per raggiungere Anna Ferruzzo e Massimo Wertmüller, che per gli animali si spendono da sempre. Sono tutti raccolti qui:  https://ameliabellonisonzo.wixsite.com/iohosempreparlato/indovina-chi-lo-ha-letto Da tutti, ho ricevuto disponibilità immediata. E poi, primo a parlare del libro su Twitter, uno scrittore che si cela dietro lo pseudonimo di Johannes Bückler ha creato per Pedro e Giatt una storia delle sue. E così, indirettamente, sono tornata a parlare della promozione: forse perché ho cercato di darle un’impronta precisa, riconoscibile e coerente

VG: Parliamo di copertina. L’hai scelta tu oppure è frutto di un lavoro “esterno”?

ABS: Nella logica di quanto ci siamo dette fin qui, anche la copertina è un fattore importante dell’operazione marketing. E può essere un tasto dolente: se non si vuole o non si può ricorrere a un professionista, bisogna imparare a utilizzare programmi di grafica; per quanto semplici e intuitivi, richiedono talvolta competenze specifiche. Ho provato a far da sola con il primo libro, poi è arrivato in mio soccorso il provvidenziale supporto di un amico più capace, fino a quest’ultima che, come si può vedere dall’immagine, reca il logo di Writer Officina perché è stata la prima realizzata da questo portale anche con lo scopo di pubblicizzare il servizio gratuito messo a disposizione degli autori. Ed è la responsabile della decisione di giungere a patti con la mia idea originaria di scegliere una realtà italiana per la pubblicazione. Chi decide di essere imprenditore di se stesso deve tener conto dell’aspetto economico, a maggior ragione se il ricavato di quanto propone è destinato in beneficenza. Pubblicare a costo zero e ottenere maggiori percentuali sulle vendite costituisce la classica offerta che, nel mio caso, diventa doveroso non rifiutare.

VG: Perché un lettore dovrebbe acquistare il tuo libro?

ABS: Spero ne sia incuriosito, invogliato all’acquisto dalla lettura delle recensioni e delle impressioni di altri lettori, finora poche ma direi ottime, incentivato a contribuire a una buona causa. Come per «Io ho sempre parlato», anche questa sua naturale appendice prevede che tutto il ricavato delle vendite vada a SOS primo soccorso cani&gatti onlus di Palermo, più noto come “Il rifugio di Francy Cognato”, realtà di cui abbiamo già parlato e che prosegue nel suo impegno tra le difficoltà di una terra in cui purtroppo gli animali sono troppo spesso maltrattati. E spero che quanto nel mio piccolo racconto porti chi legge a riflettere e possa contribuire a cambiare il predominante punto di vista umano-centrico. È deleterio per tutti.

VG: Raccontaci, se puoi, i progetti letterari (e non) ai quali stai lavorando.

ABS: In attesa di andare un po’ in mare, in questo periodo l’orto mi/ci assorbe quasi totalmente: Giatt se la gode libero e felice a caccia di lucertole che non cattura, io trovo spunti per la riflessione e la scrittura. Proprio vicino all’orto sono nate, dall’incontro fortuito e bellissimo con un’upupa, le mie scritture brevi; per ora si susseguono in «Estemporanea», la pagina dedicata del mio sito web. Questo il link per chi volesse leggerle: https://ameliabellonisonzo.wixsite.com/iohosempreparlato/estemporanea-scritturaimprovvisa-coglilattimo  Prima o poi spero scriverò il romanzo storico che ho in mente da tanto, con cui vorrei mantenere una promessa. Ho in corso due lavori di cui i cani non sono il fulcro: uno ha come argomento il mio luogo del cuore, l’altro toccherà un tema spinoso riguardante gli anziani; altra promessa da mantenere è quella di raccontare di un uomo che in quattro minuti ha visto sparire (pare una contraddizione in termini, ma purtroppo rispecchia la realtà accaduta) il proprio cane e ancora lo cerca. Nel frattempo, leggo e rileggo: mi piace riprendere in mano vecchi libri, scegliere autori emergenti (e ce ne sono di bravissimi) e scrivere le mie «note a margine», titolo della sezione del mio sito dedicata a questo impegno che va articolandosi sempre più e che si trova qui, sempre per i curiosi: https://ameliabellonisonzo.wixsite.com/iohosempreparlato/ho-appena-letto Speriamo di riuscire a mantenere tutte le parole date.

VG: Noi te lo auguriamo.

Si ringrazia l’autrice per il file lettura in omaggio.

Nota biografica dell’autrice:

Amelia Belloni Sonzogni, nata a Milano, già insegnante di lettere e storica, si dedica ora alla scrittura per il piacere di raccontare e con lo scopo principale di aiutare le creature deboli e indifese, cani soprattutto. Per approfondire e curiosare, clic qui: https://ameliabellonisonzo.wixsite.com/iohosempreparlato/chi-sono

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