“…E invece la vita va da un’altra parte e non ha tempo per verificare i nostri calcoli…”
Oggi iniziamo con una domanda-gioco: se doveste usare una parola (attenti, una sola…) per spiegare la vita, cosa scegliereste? Vi posso dare qualche suggerimento: destino, opportunità, fortuna, esperienze, amore, salite, discese, affetti, famiglia. Qualcuno punterebbe sul pratico, certamente: lavoro, stabilità, successo, scalate, impegno, crescita, indipendenza, studio. Ad altri, invece, suonerebbe meglio la via sentimentale: emozioni, cuore, anima, visione, coraggio, radici, tradizioni, libertà. E poi, ci sarebbe sicuramente chi si cimenterebbe nel filosofico: saggezza, infinito, spiritualità.
Ogni concetto è come un codice personale, unico e privato e, molto spesso, siamo convinti che questo sia l’unico modo per chiudere la serratura della porta che ci protegge dagli scossoni della vita.
Per Dafne, la protagonista di “La ricetta del cuore in subbuglio” di Viola Ardone edito da Salani, la vita è – quasi sempre – una questione geometrica, tanto che è riuscita a elaborare un manuale complesso di “Fondamenti di Geometria Sentimentale” che la rassicura e le permette di avere una soluzione alle tanta sfaccettature della sua esistenza. Per Dafne, il bisogno di calcolare è una questione seria, ovvia: non ne può fare a meno perché nella matematica trova le certezze che le sono mancate.
La struttura narrativa del romanzo presenta due voci: la prima è la Dafne bambina che, diretta, innocente e ironica, racconta la sua vita in casa, a scuola, in compagnia della nonna. La sua esperienza di “sorella maggiore” alla quale è permessa la libertà di mangiare biscotti a letto; di stare con la mamma in cucina, di vederla friggere le cotolette mentre ricorda la pancia della mamma “così grande”. In questo diario, l’autrice usa il cibo come mezzo di comunicazione, e, vi assicuro, il risultato è così straordinario che avere questo libro tra le mani mi ha permesso di volare, in molti passaggi. Perché la capacità di tradurre la vita attraverso la cucina, in questo romanzo, sfiora la perfezione.
La Dafne bambina, in questo suo tradurre messaggi senza filtri, ci racconta tutto di lei e del suo piccolo grande mondo, con una precisione simbolica disarmante: la mamma “fece la faccia come quando apre la busta del supermercato e scopre che si è dimenticata proprio il latte…” e che “appena vide il mobile fece la faccia di quando le capita proprio io pezzettino di aglio intero della pasta e lenticchie, che poi per digerirlo ci vuole la mano di dio…”. Ti lascia lì, a sentire il suo dolore sordo e quel presagio di disastro quando la mamma “andò vicino al fornello, prese il ruoto della pasta al forno con la besciamella e lo sbatté sopra al tavolo. Allora mio padre uscì dalla cucina con i piedi pesanti e urtò vicino al tavolo e il ruoto cadde a terra” e ti fa venire voglia di abbracciarla quando scrive di un pranzo a due e che “la mamma aveva messo un piatto accupputo sopra alla pasta di mio padre e aveva lasciato la tovaglia e tutto. Poi mia mamma era triste e non guardava la televisione né niente e io non sapevo che cosa fare..”
La Dafne bambina è una delle più intelligenti della classe, odia i nervetti e ha occhi così limpidi che le permettono di vedere ciò che altri non riescono a vedere.
La seconda voce – che si alterna alla prima – è un narratore intimo che esplora e scava, che risveglia ed esporta. Dafne è un’adulta, una giovane donna che ha trovato nell’architettura la risposta alle equazioni e alle operazioni che si è portata addosso, quando da Napoli è arrivata a Milano. La carriera, in risposta alla vita sentimentale incerta, è certa, Dafne è competente e la strada verso l’affermazione è servita. E mente la carriera vola il cuore è in subbuglio, non trova pace, ha paura, non vuole arrendersi al fatto che batte.
La Dafne adulta deve lottare contro se stessa perché è sempre più convinta che la ricetta e la formula siano risposta. Ma le domande sono tante, troppe, e i fattori (o gli ingredienti) sono altrettanti: è impossibile metterli in ordine. Succede quando torna a Napoli per una riunione di famiglia e si salva da una imminente catastrofe parentale grazie a un sufflè; quando davanti un tagliere di formaggi, e agli aerei in partenza, decide di restare a guardare invece che partire per un viaggio che è nato solo nella sua mente. E, infine, a Parigi, nell’atto finale, quando in un bicchiere di calvados trova il suo riflesso, il risultato dell’equazione.
Viola Ardone traccia una protagonista affascinante, che non puoi non amare, già dalle prime battute del romanzo: è una donna fragile e forte perché è stata una bambina fragile e forte; una donna sincera perché è stata una bambina sincera; è una donna che ha paura d’amare perché è stata una bambina che ha sentito la forza dell’amore, quel sentimento che copre tutto, come una coltre impermeabile.
““La ricetta del cuore in subbuglio”, attraverso una narrazione introspettiva, porta il lettore nel tema nella maternità, della perdita, dell’accettazione, della lotta contro se stessi, della tragedia, del viaggio dentro se stessi, dell’amicizia, della carriera e dell’amore che resta nelle vene nonostante tutto, dell’essere genitori e figli e della fatica di guardarsi indietro per provare a fare un passo nel futuro. E infine della vita, dei codici che le assegniamo e che ci illudiamo siano la risposta alle tante domande che l’affollano.
Si ringraziano Riccardo, Chiara e Valeria dell’ufficio stampa per l’invio diretto dell’E-Book.
Nota biografica dell’autrice:
VIOLA ARDONE è nata a Napoli nel 1974. Dopo la laurea in Lettere, ha lavorato per diversi anni nel campo dell’editoria ed è autrice di varie pubblicazioni. Attualmente insegna italiano e latino nei licei. Il suo ultimo romanzo è Il treno dei bambini. Per Salani ha pubblicato La ricetta del cuore in subbuglio e Una rivoluzione sentimentale.