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“Frozen in Love” di Silvia Civano, Panesi Edizioni.

Oggi vi voglio portare in un sogno e no, non sono impazzita, anche se potrebbe sembrare…

È successo che dalla lista dei tanti libri che ho in attesa di essere letti, ho pescato lui, senza un criterio logico, senza premeditazione e senza strategia: cioè come faccio sempre. Ho iniziato “Frozen in Love” di Silvia Civano, pubblicato da Panesi Edizioni, con una convinzione e ne sono uscita con un’altra.

Andiamo con ordine.

Nel mio casellario, “Frozen in Love” è rimasto tra i romantici, quelli dei sentimenti a valanga e dei cuori pulsanti eppure la storia di Jasmine – la sua originalità e i molti messaggi che l’autrice ha sparso tra le righe – ha reso questa lettura più coinvolgente del previsto.

La trama inizia da un ritorno: Jasmine, dopo la perdita della mamma, ritorna a vivere a casa del padre a Wentimon, Canada. La ragazza, ora diciottenne, è vissuta in Egitto, dopo la separazione dei genitori, nella città natale della madre. Jasmine è, quindi, una ragazza diversa. E la sua diversità è ben visibile: il colore della pelle, le gambe lunghe, gli occhi grandi e sporgenti, la dolce goffezza dei suoi movimenti, resi tali da una vita semplice ed essenziale. La diversità di Jasmine è Jasmine e questo è dimostrato dalle tante ingiustizie che ha subito: i nonni che non l’hanno mai accettata, la fine del matrimonio dei genitori, il distacco e il viaggio, la perdita della mamma e il ritorno in una città che non ha mai definito “casa”. In questo capitolo che Silvia Civano narra, l’ingiustizia che cade addosso alla ragazza è ancora più evidente: il suo arrivo a scuola s’inaugura con una sospensione per aver reagito alle perfidie di una compagna, il rapporto con il padre inciampa qualche volta e il peso della perdita della madre è come un macigno che spinge giù, sempre più giù.

Jasmine è unica, anche nell’affrontare le discese. Ha rabbia da vendere, muscoli pronti e un ciondolo al collo a cui aggrapparsi: ritorna alla pista di pattinaggio che frequentava da bambina, quando viveva coi suoi genitori, e quello diventa il luogo dove ogni ingiustizia svanisce. Il manto ghiacciato è la causa delle cadute ma lei si rialza, ancora e ancora, fino ad accorgersi di quanto sia naturale stare lì. E proprio su quella superfice liscia che sembra poter appiattire tutte le ansie, i destini di Jasmine e Kevin d’intrecciano. Nel ghiaccio i ragazzi vedono il sentimento che li lega trasformarsi, più volte, e, in ogni sua fase, il manto gelido e solido resiste, come un testimone fedele, come un appiglio al quale resistere, nonostante tutto.

I due protagonisti si cercano, si allontanano, si ritrovano, lottano l’uno per l’altra senza volerlo e, tutto questo, diventa una trama consistente, non ovvia.

La narrazione a due voce, in prima persona, i dialoghi rapidi abbinati alla descrizione dei luoghi e delle stagioni che si alternano sono tutti elementi che aggiungano enfasi al racconto.

Silvia Civano, in questo romanzo che rientra in un target doppio (young adult e adulti), ci presenta anche un quadro gastronomico ben studiato, che completa ulteriormente l’opera e che ha il potere di far emergere i ricordi, esattamente come dovrebbe essere. Ci sono i panini al prosciutto e formaggio del pub che ha cambiato gestione ma non atmosfera; la pasta al forno delle sorprese e dei ritorni; il sandalo e la cannella che rimandano all’amore figliare; le colazioni veloci perché quando si è ragazzi essere di corsa è un dovere verso se stessi; la cioccolata calda che è un’amica e un sollievo; un sufflè e un vino d’annata che diventano difficili da digerire; il tè davanti alle fiamme di un caminetto acceso che riscalda e infonde coraggio; i cibi speziati della cucina egiziana che incontrano la pizza e la lasagna per unire e annullare le distanze. Questi sono solo alcuni degli esempi e credetemi, c’è molto altro ancora.

“Frozen in Love” è una storia d’amore che nasce dall’odio. Sì, avete letto bene ed è questa la particolarità di quest’opera. L’autrice, infatti, usa l’amore (quello classico a forma di cuore) per spiegare gli effetti del razzismo, delle ingiustizie, dei pregiudizi, dell’emarginazione, della discriminazione, del bullismo e della cattiveria; usa l’amicizia (quella autentica) per far emergere quanto male possa fare la solitudine; l’essere figlia per mantenere vivo il ricordo di una madre che non c’è più, la cui presenza è costante e ben dosata.

E infine il pregiudizio e l’arroganza che sono, in questo caso, terreno fertile per i sogni: quelli veri, quelli che sei disposto a tutto, quelli sani, quelli della rinascita.

Si ringrazia Annalisa Panesi per l’invio diretto del romanzo.

Nota biografica dell’autrice:

Silvia Civano è nata e vive a Genova. Ama viaggiare con l’immaginazione e vede la scrittura e la lettura come le compagne ideali per le sue avventure. Ha pubblicato una saga fantasy per ragazzi: Le avventure di Posso (prequel), Posso e la Fiamma nella foresta (vol.1), Posso nella morsa dei ghiacci (vol. 2), Posso tra le ceneri di Eonia (vol.3); un mistery per ragazzi: Il telefono dell’aldilà; un chick lit: Tre amiche a New York.

Il libro è disponibile qui:  https://panesiedizioni.it/book/frozen-in-love-silvia-civano/

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3 pensieri riguardo ““Frozen in Love” di Silvia Civano, Panesi Edizioni.

  1. Ho riletto la recensione tre volte, non ho parole. È bellissima. È stato colto ogni messaggio che volevo trasmettere. Inoltre, sono stati evidenziati aspetti che nessuno aveva notato, come lo studio che c’è dietro ai cibi, il significato che attribuisco a quello che viene cucinato o, come si dice nella recensione, consumato di fretta.
    Grazie di cuore, davvero. È stata una gioia leggerla ♥️

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  2. L’ha ripubblicato su Silvia Civanoe ha commentato:
    “Frozen in Love” è una storia d’amore che nasce dall’odio. Sì, avete letto bene ed è questa la particolarità di quest’opera. L’autrice, infatti, usa l’amore (quello classico a forma di cuore) per spiegare gli effetti del razzismo, delle ingiustizie, dei pregiudizi, dell’emarginazione, della discriminazione, del bullismo e della cattiveria; usa l’amicizia (quella autentica) per far emergere quanto male possa fare la solitudine; l’essere figlia per mantenere vivo il ricordo di una madre che non c’è più, la cui presenza è costante e ben dosata.

    E infine il pregiudizio e l’arroganza che sono, in questo caso, terreno fertile per i sogni: quelli veri, quelli che sei disposto a tutto, quelli sani, quelli della rinascita.

    Recensione a cura di Valeria Gatti

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