“… Da tempo Giovanni si sentiva a disagio, come fosse fuori posto in mezzo ai suoi amici, una delle ultime volte in cui si erano trovati, una settimana prima della partenza, aveva avuto la sensazione di essere quasi un estraneo…”
Avete presente quelle situazioni nelle quali vi trovate a osservarvi e a sentire il vostro disagio? Quei momenti in cui vorreste essere ovunque fuorché lì, in quel determinato spazio, in compagnia di quelle persone che vi fanno sentire come un elefante nel centro storico della città? E ancora, riuscite ad avvertire l’imbarazzo che le parole sanno creare e il bisogno di fuga che esse generano? Ecco se siete riusciti ad avvicinarvi mentalmente a una situazione di disagevole stallo, e al malessere che ne deriva, siete nella condizione migliore per iniziare a leggere “Istruzioni per un disastro” di Nicola Cavagnaro edito da Scatole Parlanti nella collana Voci.
Siamo in una fiaba moderna ambientata tra la dolce Liguria bagnata dal vento e dal sole, la febbrile Milano, la Varsavia dei ricordi e l’Irlanda dell’imminente futuro, nella quale Giovanni, Paolo, Ale, Angelo (il Pazzo), Francesca e Marco si ritrovano come solo chi ha del vissuto di gruppo può fare. Ogni personaggio ha una vita, un’esistenza che gli è caduta addosso come la pioggia in estate, a momenti benefica, a volte molesta. Il matrimonio di Marco è l’occasione, la reunion, il momento della verità che è rimasta sospesa e mai dimenticata, è il centro del mondo emotivo che attrae Ale (il donnaiolo), Francesca (ex di Giovanni, ora impegnata con Paolo), il Pazzo (precipitato nel tunnel dello sballo) e Giovanni (il giornalista che non ha ancora tagliato il cordone ombelicale con il suo passato).
La voce narrante si concentra su Giovanni. Ci presenta un uomo ragazzo, un single moderno, agganciato al ricordo di un amore lontano e mai davvero dimenticato; un’anima che si è costruita un lavoro a suon di domeniche in redazione e che ha barattato amicizia-amore-casa in cambio di una posizione; che si sente diverso, inopportuno, perché quel posto che si è preso, nel mondo cittadino, sa essere anche un peso. Giovanni si perde nelle serate milanesi a base di sushi e prosecco in una relazione appena iniziata che teme di strozzare, come al solito; ritrova il senso di sicurezza a casa dei genitori nelle trenette al pesto, nella pasta ceci e salsiccia, nella torta di mele e cannella, nel bicchiere di vino bianco che dimostra un legame familiare più solido e maturo, nel silenzio carico di messaggi che un caffè con suo padre sa generare; ritorna a farsi prendere “a sberle” dal profumo della focaccia e del rosmarino, delle alghe e del vento; si abbandona alla scossa gelida del mojito; avverte forte la solitudine quando si ritrova a mangiare un piatto di riso e pomodori già conditi che provengono da casa, senza coinquilini né vino, e soprattutto quando sorseggia uno Sbagliato che lo obbliga a chiedersi se ama davvero Francesca.
La trama è come un album di foto ordinate in base alle emozioni più che a un piano temporale. L’autore possiede un’ottima capacità introduttiva che gli permette di accompagnare il lettore nel passato dei personaggi che si miscela al presente con una formula semplice ed efficace. Ogni personaggio trova il suo giusto spazio, uno spazio nel quale la sua esperienza di vita è ricoperta di ricordi, di vissuto, di delusioni e certezze. E, in queste pagine, il lettore si fa carico delle emozioni di ognuno con spontaneità: si ritrova accanto a Francesca a quel suo lento vagare tra il ricordo di Giovanni e il presente con Paolo, nel temere l’incontro (e tutto ciò che questo comporta) in prossimità del bancone degli aperitivi; si lascia prendere per mano dalla dolcezza di Paolo quando sceglie alimenti cotti e fa attenzione a evitare quelli crudi nel piatto che porta alla sua amata; si commuove nei passaggi che ritraggono Angelo – Il Pazzo – l’uomo simbolo di un legame inaspettato eppure autentico, lui con la sua anima avvolta da uno strato di solitudine che nemmeno l’ultima Kilkenny riesce a cancellare. E, infine, si domanda chi sia veramente Ale, l’eterno sciupafemmine, che continua a nascondere sé stesso tra le bollicine di una birra e il sapore pungente del primo caffè del giorno in compagnia di una semi-sconosciuta.
Nicola Cavagnaro usa dialoghi diretti ed efficaci, periodi brevi alternati a riflessioni personali e questo stile narrativo crea una danza tra capitoli e personaggi molto accattivante. In questa opera spinge il lettore all’interno di uno spaccato giovanile che parla di amicizia e abbandono, di scelte precise e mancate, di esperienze e rimpianti, di sogni che si infrangono come le onde sulla spiaggia e di una realtà che è difficile da accettare. Racconta l’Uomo e i suoi più intimi segreti annegati tra fiumi di birra e scie di fumo, il bisogno di appartenenza che fa a pugni con il desiderio di costruire se stessi, l’Amore e la passione, la ricerca della solitudine e la bellezza che si nasconde nei ritorni a casa, dell’opportunità da cogliere e di quel treno che passa una volta soltanto. Si spinge tra i significati più profondi di un viaggio fisico che diventa occasione per rivivere la passione dell’amicizia e per trovare, infine, il modo per far pace con se stessi e con il passato.
Si ringrazia Valentina dell’ufficio stampa per l’invio diretto del romanzo.
Nota biografica dell’autore:
Nicola Cavagnaro è nato a Chiavari nel 1983. Vive a Genova e ha studiato filosofia in Norvegia, a Bergen. Giornalista, a volte scrive di viaggi. Istruzioni per un disastro è il suo secondo romanzo.
Il libro è disponibile in libreria e negli store online in formato cartaceo.