Tutto ebbe inizio con “La mia vita, la mia storia” di Hillary Rodham Clinton. Tante pagine, fitte fitte come una nebbia novembrina in pianura; gli occhi stretti, dentro parole autentiche, come solo le biografie sanno essere. La passione di “ficcare il naso” nelle vite più illustri e significative della Storia nacque all’improvviso e proseguì nel tempo. Non solo donne, anzi. M’imbattei in cantanti famosi (Eros Ramazzotti narrato da Luca Bianchini), in visionari eroici come Steve Jobs. Volevo capire. Mi affascinava la nascita di un sogno, di un’idea, del momento che ti cambia la vita, del conflitto (che non manca mai), dei sacrifici, del risultato e, soprattutto, della sconfitta. Leggere di vite vere era come danzare in punta di piedi, come solo un libro ti permette di fare.
Le biografie, ammetto, sono il mio grande amore segreto.
Così, quando qualche tempo fa, ho ricevuto dall’ufficio stampa Salani la proposta di leggere “L’allodola”, la storia di Fernanda Wittgens, la prima direttrice donna della Pinacoteca di Brera, scritta da Giovanna Ginex con Rosangela Percoco, il ricordo di un amore lontano si è palesato davanti ai miei occhi.
State sicuramente pensando che “L’allodola” non sia un libro adatto a “Bood”. E’ ovvio, giustificato. Tuttavia, “Bood” è unione, ricerca e divulgazione di bellezza, in qualsiasi forma essa sia. Il principio è sempre lo stesso, la sfida è accettata. Siete pronti? Partiamo.
Se il mio amore segreto nacque con le biografie, per Fernanda Wittgens tutto ebbe inizio con un tè. Aveva vent’anni all’epoca e adorava i lunghi pomeriggi dopo la scuola, quando la mamma di una sua compagna, una famosa critica d’arte, la invitava in un confronto coraggioso a base di opere d’arte e infusi profumati. Il bocciolo era pronto a esplodere in tutta la sua bellezza, in un salotto che emanava cultura, perché la giovane Fernanda, l’arte l’aveva negli occhi, le era finita sottopelle, circolava nel sangue, le faceva battere il cuore. Lei, Fernanda, era stata iniziata all’Arte da piccolissima, quando suo padre le permise di “vedere”. L’arte è visione, ma soprattutto è bellezza, e come tale, un bene da condividere.
Questo principio, per noi oggi banale, agli inizi del secolo scorso era un’utopia, un sogno, un impegno, un viaggio, un susseguirsi di ingiustizie, un commuovente lascito. Fernanda Wittgens fu questo. Giovanna Ginex e Rosangela Percoco, in una narrazione in prima persona emozionale e ordinata, percorrono le tappe e i molti successi della Wittgens, ritraendo una donna fiera, testarda, determinata. Un’allodola, la cui voce non teme la libertà di esprimersi.
La narrazione temporale corre lungo il secolo scorso e si scontra, nel mezzo, con gli anni bui del fascismo e della guerra. Questo lungo periodo storico ritrae una Wittgens coraggiosa che lavora per i più deboli e continua l’opera di salvaguardia del bene artistico, viaggiando per l’Italia e facendosi bastare un piatto di polenta e latte; che deve fare i conti perché il prezzo della farina, dello zucchero, del pane e delle mele continua a salire; che nonostante la forza di carattere, avverte la solitudine, quando è in carcere e il caro cugino le fa pervenire un dolce e soffice panettone; che si commuove leggendo i rimedi della mamma a base di limonata calda.
Si respira, tra le pagine. E l’aria che investe il lettore è densa di principi che, mai come oggi, dovremmo riconsiderare: la lotta alle avversità, il coraggio di restare fedeli a se stessi, l’irrinunciabile desiderio di amare e di donare agli altri, i legami solidi e le amicizie sincere, l’interpretazione di un sogno che diventa vita. Ancora: la passione, la conoscenza di se, la femminilità, l’intelligenza, l’amore protettivo, la divulgazione di un pensiero, la mente aperta su viaggi fisici e mentali, il riscatto e i sacrifici per un bene di inestimabile valore. C’è un ulteriore concetto che si evince, attuale e forte: lo studio. Fernanda Wittgens è stata una delle menti più eccelse del secolo scorso. Il suo studio non si è limitato all’ambito scolastico, al contrario, si evince il grande sviluppo personale che la donna ha intrapreso. Aveva sete, Fernanda. Una sete di sapere che è riuscita a saziare, che l’ha resa libera e che è stata la sua salvezza. Un messaggio, questo, fondamentale per comprendere il suo essere, soprattutto perché lei è vissuta in un’epoca intellettuale prettamente maschile. Un concetto che, oggi, varrebbe la pena portare nelle scuole, per sensibilizzare gli studenti su quanto sia fondamentale l’approfondimento e la passione del sapere.
“L’allodola” è un libro artistico e trasparente, senza dubbio. Vi consiglio di leggerlo in modalità visiva, cioè osservando (e gustando) ogni opera a cui fanno riferimento. Vivrete un viaggio reale e straordinario, ricco di colori e sfumature, d’impressioni e proporzioni, alla fine del quale non vi sarà difficile comprendere i motivi che hanno spinto la grande Fernanda Wittgens a lottare per l’Arte.
Si ringrazia l’ufficio stampa per l’invio diretto del manoscritto.
Nota biografica delle autrici:
Giovanna Ginex è una storica dell’arte e curatrice. Esperta di pittura, scultura, fotografia e arti decorative del Diciannovesimo e Ventesimo secolo, collabora con prestigiose istituzioni e musei in Italia e all’estero.
Rosangela Percoco è stata un’insegnante e conduce laboratori di scrittura. Ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui, per Salani con grande successo, Nato da un aquilone bianco.