Prefazione di Maria Rita Sanna.
“E all’improvviso, per qualche strano prodigio, i suoni della campagna lì attorno sembravano amplificarsi. Il ruscello, la brezza, il fruscio tra gli alberi, i rumori tra le canne. Tutto. Ed era vero, quello che diceva Ambra: faceva girare la testa.” citazione tratta dal libro.
Ci sono storie che profumano di buono, di casa, di pace (anche se qualche tempesta accade, come è normale che sia). Ci sono libri che sanno raccontare valori attraverso le gesta dei protagonisti: anime che vanno, che tornano, che si cercano, che si allontanano per paura di viversi. E poi ci sono gli scenari che la penna di un autore è capace di creare: ambienti che sono dei protagonisti indispensabili, irrinunciabili.
“Mari Ermi” di Arianna Desogus, pubblicato da Edizioni Convalle, rispecchia tutte queste caratteristiche.
L’opera è ambientata in una terra che non ha bisogno di presentazioni né di lusinghe – la Sardegna – e lo scenario che accoglie il lettore è il frutteto di proprietà della famiglia di Antonio, un giovane studente della facoltà di giurisprudenza. Ed è proprio grazie ad Antonio, e alla sua cesta colma di arance profumate e a un mandarino rubato, che il lettore scopre Ambra, una giovane isolana che ha vissuto nel continente e che, per ragioni che si scopriranno durante la lettura, è tornata a casa.
“Lui si sentiva in imbarazzo a starsene lì in silenzio mentre una sconosciuta mangiava in silenzio e senza il minimo imbarazzo una delle sue arance, ma lei non sembrava rendersene conto – o non gliene importava – perché si decise a parlare solo dopo l’ultimo spicchio.”
Arianna Desogus inizia la sua narrazione dopo questo incontro: un incontro casuale ma decisivo, per lo sviluppo della trama. Non ci sono solo Antonio e Ambra, ovviamente, perché loro due sono solo il principio, come detto: subentrano i genitori di Antonio che devono prendere una decisione importante, quelli di Ambra che vanno scoperti pagina per pagina, i nonni di Antonio che riempiono le pagine di saggezza e, infine, gli amici – il gruppo – che in questo romanzo sono rappresentati da ragazzi vivaci, diretti verso il loro futuro.
Se dovessi segnalare una delle particolarità che più mi hanno colpito di quest’opera, mi soffermerei sulla capacità dell’autrice di usare le descrizioni. Sono dolci, poetiche, realistiche, soggettive e, proprio per questo, riescono a raccontare la personalità del personaggio, oltre che a disegnare l’ambiente narrativo. Ho estratto un esempio, ma credetemi, “Mari Ermi” ne è colmo.
…“Era bello, quell’ordine un po’ distratto. A lui non piacevano le stanze ordinate alla perfezione, con puntiglio ostinato e maniacale. Gli facevano sembrare l’ambiente innaturale, asettico. Invece, l’ordine tratteggiato in quella stanza era intervallato da schizzi di colore gettati qua e là: due pile di panni da piegare sul tavolo rotondo, una borsetta beige su una sedia, un cappotto blu sulla spalliera del divano….”
Infine, l’autrice usa profumi e sapori con una sicurezza ammirevole. Quando i personaggi sono nel frutteto ti sembra di sentire l’aroma acidulo degli agrumi; ci sono le chicchere di caffè che tintinnano durante le conversazioni, quelle che aprono scenari nuovi; l’odore del mirto che ricorda la forza e la protezione; e poi gli yogurt freschi e i panini che accompagnano le merende al frutteto e quegli attimi vissuti tra cielo e terra.
Non vi svelerò altro. Il resto lo scoprirete attraverso le risposte dell’autrice che ha accettato il mio invito a raccontarci qualcosa di lei e del suo romanzo.
VG: Benvenuta, Arianna. Grazie per aver accettato il mio invito.
AD: Ciao, Valeria! È un piacere fare la tua conoscenza e chiacchierare con te del mio romanzo. Sono molto felice che tu lo abbia letto e apprezzato!
VG: Chi è Arianna Desogus?
AD: Una ragazza solare cresciuta tra libri, mare e campagna. Una sognatrice perenne che pensa di continuo a come realizzare i propri sogni. Una tipa determinata, a cui piace agire, e al tempo stesso riflessiva all’inverosimile. Una socievole ed estroversa che però ama moltissimo stare da sola. Che altro dirti? Amo le cose semplici e sono felice per un nonnulla, ma, di contro, sono molto esigente e severa con me stessa e, di conseguenza, anche con gli altri. Sono sempre stata un po’ imbranata, spesso fuori posto, estremamente sensibile. Una persona spontanea, mi dicono in molti. Allegra e vivace, malinconica e romantica, amo il mare, i tramonti e la pioggia. E la scrittura, da sempre.
VG: Hai scelto il titolo “Mari Ermi”. Che cos’è per te?
AD: Intanto chiarisco che Mari Ermi è una spiaggia di quarzo situata nella costa occidentale sarda. Cos’è per me… Anzitutto, è un luogo che per tanto tempo non ho frequentato e che a un certo punto, nell’estate del 2015, ho riscoperto per caso. Questo mio incontro con Mari Ermi ha avuto un impatto molto forte su di me; mi ha toccato l’anima. E quando un luogo ti tocca così, è naturale che entri in qualche modo nella tua arte, che della tua anima è la forma di espressione più assoluta. Nel mio caso, la spiaggia di Mari Ermi non solo è entrata nel romanzo, ma ha avuto un ruolo fondamentale anche nella sua genesi. Prima di tutto perché, nel momento in cui ho riscoperto questo luogo, la trama del libro era solo un insieme di idee, suggestioni e riflessioni: l’impatto di questa spiaggia è stato talmente potente che, nei giorni a venire, mi è sembrato che attorno alla sua immagine si concentrassero tutte le idee che avevo in quel momento. È come se lei fosse diventata il nucleo della mia storia, il fulcro attorno al quale ha cominciato a ruotare tutto il resto. E così è stato naturale per me collocare a Mari Ermi una delle scene più importanti del percorso di crescita dei miei protagonisti e, per tutti questi motivi, intitolare il romanzo con il nome di questa spiaggia. Un titolo anche poetico ed evocativo, come questo luogo straordinario nel quale torno ogni volta che posso, specie al tramonto.
VG: Jung disse: “L’incontro tra due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c’è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati.” Ho pensato molto a questa citazione, durante la lettura del tuo romanzo. I tuoi personaggi cambiano, durante la narrazione. Chi è, secondo te, il personaggio che deve affrontare il cambiamento più significativo?
AD: Molto vera questa citazione, e molto adatta ai miei protagonisti. È giustissimo, Ambra e Antonio cambiano molto dall’inizio alla fine del romanzo. È stata in parte una scelta consapevole, derivata dai miei studi di scrittura creativa – una buona storia è quella in cui i personaggi si evolvono, nel bene e nel male – e in parte un fatto spontaneo, nel senso che scrivendo mi sono lasciata guidare da loro, dai personaggi, seguendoli nei loro moti d’animo e nel loro percorso di crescita. La tua è una domanda molto complessa: Ambra e Antonio, infatti, cambiano moltissimo e in un certo senso, oltretutto, affrontano un cambiamento simile, perché entrambi riscoprono qualcosa di sé che avevano perduto. Forse, tutto sommato, è Ambra ad affrontare il cambiamento più significativo, perché il suo percorso di crescita implica una riflessione su molti anni della sua vita e, per giunta, sulla storia del suo rapporto con la madre.
VG: Hai inserito molti riferimenti storici che si legano alla trama (che è, però, ambientata in epoca attuale). Chi è il personaggio storico che più ti rappresenta?
AD: Ah, Valeria, io amo moltissimo la storia! In particolare la storia antica, che mi consente di esplorare le nostre origini, e la storia del Novecento, che rende più consapevole il mio sguardo sul presente. Ti sarai accorta che questi due livelli sono entrambi presenti nel romanzo, anche se in modo diverso. La storia romana, disciplina in cui mi sono laureata, è integrata nella trama con una similitudine tra le vicende di Marco Antonio e Cleopatra e quelle dei miei personaggi; la storia contemporanea invece si inserisce con i racconti di nonna Antonica risalenti all’epoca della Seconda guerra mondiale. Nonostante io ami la storia, comunque, non ho mai trovato un personaggio che mi rappresentasse a pieno; posso dirti però che mi affascinano tantissimo quelle donne particolarmente intraprendenti che riuscirono a distinguersi per la loro grande personalità, e spesso a cambiare il corso degli eventi (e ancor più mi attraggono, poi, se sono personaggi un po’ ambigui): Giovanna d’Arco, Elisabetta I d’Inghilterra, Margaret Thatcher, parlando di contemporanei Angela Merkel… Ma su tutte, come avrai capito leggendo il romanzo, mi affascina Cleopatra: il genio politico, l’intraprendenza e l’eccezionale cultura unite in una sola figura, per me straordinaria, nel bene e nel male.
VG: Cosa pensi delle seconde occasioni, quelle che spesso ci fanno vivere le nostre seconde vite?
AD: Penso che bisogna crederci, saperle cogliere. E non solo le seconde, anche le terze, le quarte… È una delle cose di cui sono più convinta in assoluto.
VG: Un altro tema che hai scelto, per la tua narrazione, è l’arte – la cultura, in senso più ampio. Parlando di ispirazione, conta più il passato o la visione del futuro, secondo te?
AD: Il passato, senza dubbio. Almeno per me. Tutto quello che scrivo è condizionato da suggestioni e riflessioni che il mio vissuto (o il vissuto di persone attorno a me) mi ha dato. Il passato, più che altro, fornisce materiale reale su cui lavorare. Il futuro fornisce sogni e progetti, certo, ma è sul passato che si costruiscono le nostre conoscenze, e sono le nostre conoscenze ciò che siamo maggiormente in grado di scrivere, di raccontare, sia a livello di suggestioni e riflessioni, sia a livello di luoghi che abbiamo visto, cose che abbiamo fatto, esperienze vissute da noi o da altri (perché queste ultime passano comunque attraverso di noi, attraverso il nostro sguardo). Sono fermamente convinta che in ogni scritto c’è sempre, in qualche modo, il vissuto del suo autore.
VG: Antonio ricorda spesso la fatica e il sudore che il lavoro nel frutteto gli ha procurato e, come una conseguenza logica, esprime anche la soddisfazione che quello stesso sforzo gli ha regalato. Un tema ampio, che tu hai saputo raccontare con passione e precisione, condito anche da un sano attaccamento alla propria terra d’origine. Che tipo di rapporto hai con la tua terra?
AD: Ti ringrazio per queste tue considerazioni; mi fa molto piacere sapere che tu abbia apprezzato parti del romanzo a cui tengo tantissimo! La mia terra per me è il luogo delle radici e dell’identità, ed è l’unico rifugio sempre sicuro, l’unico posto in cui mi sento in pace con me stessa e con il mondo. Il territorio in cui sono nata e cresciuta, la mia campagna e il mio mare, sono anche i luoghi in cui tornerei sempre nei momenti in cui ho bisogno di ritrovare me stessa. Dal legame con la mia Sardegna, poi, deriva anche un legame con la terra e la natura in senso lato. La bellezza e la calma della natura ci consentono di distaccarci da situazioni di stress e rappresentano la pace che si oppone ai ritmi intensi che ci troviamo a sostenere sempre più spesso. Ma non solo: con la sua bellezza, la natura ci fa riscoprire la nostra predisposizione a meravigliarci e ci ricorda quanto sia bello amare le piccole cose.
VG: Un ulteriore tema che hai affrontato è la scelta del proprio mestiere. Ti chiedo, allora, secondo te il lavoro è passione o dovere? E, ancora, lavoriamo accettando le incertezze o per costruire certezze?
AD: Sono una che crede molto nelle cose che fa, dunque ti rispondo così: il lavoro deve essere prima di tutto passione, e deve servire per costruire certezze. Non tutti hanno la fortuna di avere un lavoro che rispetti questo assunto, e sono convinta che si dovrebbe fare di tutto perché ciò diventi realtà. In ogni caso, il lavoro di fatto non è mai solo passione, perché, è inutile negarlo, l’idea stessa del lavoro implica l’idea del dovere; e, allo stesso modo, purtroppo spesso occorre accettare incertezze per poter costruire certezze.
VG: Hai dedicato le pagine finali dell’opera a un resoconto nel quale racconti le fasi principali della stesura del romanzo. Pagine interessanti, che mi hanno incuriosita. Ci puoi raccontare il motivo che ti ha spinto a questa decisione?
AD: Che bella questa domanda! Sai che sto ricevendo moltissimi riscontri positivi sulle mie “note dell’autrice”? Ho notato che in effetti incuriosiscono molto i miei lettori, che apprezzano di poter comprendere alcuni retroscena importanti nella stesura del romanzo. Cosa mi ha spinto a inserire queste note? Beh, senza dubbio la necessità di lasciare nel romanzo stesso una traccia del modo in cui ho lavorato. A linee generali ho sempre avuto l’impressione che raccontare alcuni aspetti del percorso possa conferire a un’opera una particolare integrità, e questo è verissimo nel caso di Mari Ermi. Mi riferisco, ad esempio, alle informazioni che fornisco sulle storie che racconta nonna Antonica, o alla traccia che lascio del lavoro sulla parte meteorologica o della mia spedizione la notte del 22 agosto 2016 per poter scrivere il cap. 26. Sono aspetti, tra l’altro, che affascinano molto i miei lettori – sapere che le storie di nonna Antonica sono storie vere, sapere che il meteo in tutto il romanzo è realistico, sapere che nel cap. 26 io racconto esattamente le emozioni che trasmetteva il cielo di quella spiaggia in quella serata… Credo che in nessun luogo come in queste pagine sia chiaro il valore che attribuisco alla scrittura, alla quale consegno tutto ciò che non voglio dimenticare e che credo non debba essere dimenticato. Colgo l’occasione per ringraziare la mia editrice, Stefania Convalle, che ha compreso l’importanza di questa sezione, per me e per il romanzo.
VG: Raccontaci, se puoi, i progetti in corso e quelli che stanno per nascere.
AD: Al momento mi sto concentrando sulla promozione di Mari Ermi: sto lavorando soprattutto sul territorio (il libro attualmente è in vendita anche in alcuni punti sulle spiagge!) e ho in programma diversi firmacopie a settembre, sia in Sardegna sia a Roma, dove abito la maggior parte dell’anno. A livello di scrittura, invece, in questo periodo mi sto dedicando alla poesia e alla prosa breve, lavorando su spunti che traggo dalla vita quotidiana e dal mondo della natura: ho diversi progetti che bollono in pentola, e non vedo l’ora di condividerli con il mondo!
VG: E noi non vediamo l’ora di conoscerli!
Si ringrazia l’editore per il file lettura in omaggio.
Nota biografica dell’autrice:
Arianna Desogus nasce e cresce in Sardegna tra libri, mare e campagna. Compie studi classici e da subito si dedica all’insegnamento, passione che nel 2018 porta con sé anche a San Francisco, dove lavora in una prestigiosa scuola internazionale bilingue. Attualmente abita e lavora a Roma. Coltiva il suo amore per la lettura e la scrittura fin da bambina. A tredici anni scrive un romanzo fantasy e in seguito partecipa a importanti concorsi letterari, come il Giuseppe Gioachino Belli, con racconti e poesie, classificandosi sempre tra i finalisti e vincendo più volte menzioni d’onore. Parla di libri e letteratura sul suo blog http://www.lasardascrittrice.com e su Instagram (@la_sarda_scrittrice). Nel maggio 2022 esce il suo romanzo di formazione “Mari Ermi”, edito Edizioni Convalle.
Il sito dell’editore è : http://www.edizioniconvalle.com