Ho una predilezione per le colazioni abbondanti, quelle lente, senza l’accompagnamento fastidioso dell’orologio che anticipa impegni e doveri. E, in questo contesto – casalingo, intimo e raccolto – immagino la tavola perfetta: tovaglia senza pieghe, tazze combinate, un cesto di pane ancora fumante, un caffè forte e un vasetto di marmellata fatta in casa. La confettura di frutta è molto più che un sapore dolce. È un insieme di azioni a ripetizione (la raccolta della frutta, la pulitura, la cottura) che culminano con un concetto che troppo spesso tendiamo ad accantonare: l’attesa. Quel tempo sospeso eppure prezioso, tradizionale, da ritrovare. Una colazione accompagnata dai profumi di una marmellata è sempre una festa, a mio avviso.
Quando parliamo di confettura, immaginiamo l’albicocca, la pesca, le fragole o i frutti di bosco. Tutti gusti delicati, morbidi. Se parlassimo di agrumi, invece, la mente andrebbe subito a un sapore diverso, più deciso, più spigoloso. La marmellata di limoni – e il suo complesso sapore dolce-amaro di cui parleremo tra poco – è molto più che un alimento, tra le pagine di “Uno scialle sul fiume Temo” di Maria Lidia Petrulli, edito da Pluriversum.
Prima di addentrarci in questo concetto di contrasto è bene una premessa circa la trama: siamo in un’epoca moderna e Aliena lascia Tolosa per rifugiarsi in Sardegna, a Monteleone Rocca Doria, un paese adagiato su un lago che prende acqua dal fiume Temo, al di là del quale ci sono colline e, infine, il mare. Aliena è un’illustratrice, è sposa di un uomo che non sente più suo, ha un passato certo alle spalle e un futuro incerto davanti a sé; è una donna che ha speso molte energie, che ha bisogno di ritrovarsi e soprattutto di accettarsi. È albina e il suo candore la rende diversa. Lo è stata per tutta la sua vita, in città, e lo è ancora adesso, dopo l’approdo in una comunità che vive di tradizioni e usanze.
Ecco il primo contrasto: immaginate una donna alta, sinuosa, dal fisico asciutto e longilineo e dalla pelle diafana che decide di trasferirsi un angolo remoto della Sardegna, terra che, per antonomasia, è una scala cromatica di colori mediterranei i cui abitanti ne sono diretta testimonianza.
L’aspetto della diversità, è uno dei temi che più ho apprezzato, in questo romanzo. Aliena deve affrontare l’ostacolo, ci deve passare attraverso, deve faticare, esattamente come avviene nella raccolta dei frutti della marmellata, quando le mani bruciano e vorresti fermarti, lasciar perdere. Gli abitanti di Monteleone Rocca Doria – che continuano ad amare le leggende di cui la loro terra è avvolta e che costituiscono un racconto nel racconto – la credono una bruxia, una strega, una persona che porterà sciagure e sfortune, qualcuno da osservare a distanza.
L’autrice con una buona capacità narrativa e descrittiva dei luoghi ci racconta la comunità chiusa che contrasta nettamente con la gioia improvvisa di accogliere una forestiera che non è più un pericolo e il quadro geografico/storico di grande rilievo e valore appare come uno sfondo magico, affascinante, ammaliante. Il lettore resta piacevolmente coinvolto dalla natura selvaggia, dalle storie narrate e dalle leggende del luogo, dall’arte culinaria – tripudio di sapori e profumi che, credetemi, già solo questo vale l’intera lettura– e dai legami solidi e imprescindibili che rappresentano l’uomo e la sua Terra. Una terra resa ospitale dall’uomo stesso che vede nella natura che lo circonda il suo fondamento, il luogo sul quale poggiare e restare.
Un ulteriore contrasto di grande coinvolgimento è sicuramente rappresentato dall’amicizia che nasce tra la protagonista e una donna anziana, Annalisa Doria. All’apparenza, come per la marmellata di limoni, sembra un accostamento improbabile: età, interessi, vissuto, futuro, sostanza… ogni elemento potrebbe essere discordante, incompatibile. Eppure, ancora una volta, Maria Lidia Petrulli sceglie la strada della semplicità e del cuore per rendere l’impossibile possibile e veritiero.
Un ultimo, ma non l’ultimo, tema che mi piace sottolineare dopo questa lettura è lo spazio che l’autrice ha dedicato alla solitudine di una donna (o di più donne, in questo caso, ma non vi svelerò altro). Un tema caro, in letteratura, osannato e a volte abusato. In questo romanzo, nello specifico, la dolcezza con cui viene trattato e la soglia di trasformazione dello stesso è un valore aggiunto particolarmente gradevole.
“Uno scialle sul fiume Temo” è una fiaba moderna in cui trama, temi e una buona narrazione costituiscono una base concreta che coinvolge il lettore nei contrasti che, quando sapientemente dosati, riescono a trasformarsi in qualcosa di buono e prezioso. Come la marmellata di limoni.
Si ringrazia l’autrice per la copia lettura in omaggio.
Nota biografica dell’autrice:
Maria Lidia Petrulli è medico psichiatra e psicoterapeuta. Appassionata di storia e mitologia celtica e medievale, inizia la sua carriera di scrittrice nel 2002 con Sui Sentieri di Avalon. Seguono Fara e Il Suo Cappello e La Realtà e Il Suo Enigma nel 2009; la trilogia fantasy Il volto segreto di Gaia e la saga per ragazzi Emilie Sanslieu; il fantasy storico Sotto le colline d’Irlanda; il noir Il collezionista di clessidre e l’antologia La bambina che voleva essere trasparente, vincitrice del premio Il Litorale 2015 e del premio Città di Dolianova 2014. Il volo della libellula (Edizioni Ensemble 2019) ha vinto il premio Graffiti Narrativa ed è stato finalista dei premi letterari Kobo Writing Life 2017 (sezione inediti), Como Poesia 2019 e Ioscrittore 2018. In Francia ha pubblicato il giallo Écrire ne tue pas assez (le Lys Bleu Éditions, 2019).
Il sito internet dell’editore è: www.pluriversumedizioni.it.