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“Il Natale che non ti aspetti” di Angelica Romanin, Indipendently Published, #boodinterviste.

Quando dici panettone dici Natale. Questa preparazione lievitata, una delle più antiche della storia culinaria lombarda, è sicuramente uno dei simboli delle grandi tavolate, quando le tovaglie sono sporche, i tovaglioli sono stati persi e ritrovati, qualche furbetto si è già addormentato sul divano e la fetta tanto desiderata – quella che aspetti da mezzogiorno – puntualmente, non te la gusti.

C’è poi chi ama sbriciolarne una buona quantità nel latte, il giorno dopo,  così che i canditi e le uvette salgano in superficie, chi invece, ricicla e utilizza il panettone come base per altre ricette e chi, infine, ne tiene uno di scorta per una serata inaspettata, in compagnia, meglio se accompagnata da qualche bollicina.

Sul prossimo Natale non mi pronuncio… la questione è seria e non è certo questo il luogo opportuno per discuterne.

Per Marianna, l’esilarante protagonista de “Il Natale che non ti aspetti” di Angelica Romanin, il panettone è un simbolo, un lasciapassare, un vento che, finalmente, inizia a soffiare dalla parte giusta.

Riccardo, la sottospecie di fidanzato che si ritrova affianco, si rifiuta di accompagnarla nel viaggio che ha vinto: una settimana in un hotel di lusso tra le montagne austriache. Lei, vinta inizialmente da una valanga di dubbi, resta impigliata nel solito binomio rinuncia-comodità poi, complice un pizzico di avventura che sente scorrere nelle vene, decide di partire. Da sola. Il viaggio s’interrompe in Alto Adige quando la neve cade copiosa e il treno sul quale viaggia non può continuare oltre. Il trasferimento in hotel e la “sosta” si trasformano in un’irresistibile “vacanza”.

Angelica Romanin è già stata ospite del blog con la sua precedente opera “Uomini, attacchi di panico e altre disgrazie” ed è gradevole ritrovare la sua penna divertente che continua a trasmettere armonia e semplicità, buon umore e autoironia. Il Natale che non ti aspetti” assomiglia a un dialogo col lettore, una chiacchierata tra amici che non ti giudicano, una sincera immagine del mondo giovanile moderno.

Angelica Romanin, per esaltare l’ambientazione, si avvale dei sapori ricchi e di spessore, quelli tipici della montagna in inverno, i cui aromi abbracciano le luci soffuse delle candele e il riverbero della luna tra i fiocchi di neve. Marianna trova i canederli in brodo che le offre Franz, l’albergatore folle sempre pronto a far festa; un rifornimento di grappe per ambientarsi; lo strudel di mele della colazione che dovrebbe essere l’ultima, a malincuore; il profumo stuzzicante del vin brûlé e delle note di una canzone natalizia da cantare a squarciagola; una cioccolata calda che anticipa una cena romantica a base di spӓtzle, ravioli alla pera, dolci e vino a volontà; un piatto di polenta e salsiccia per una pausa rilassata, la cosiddetta “quiete prima della tempesta”.

C’è molto altro, dietro a questa divertente commedia letteraria, lo avrete capito. Le risate e le scenette divertenti rappresentano chiaramente la vita di una giovane donna che sta per rinascere, che vuole consumare i passi, partire e tornare, amare (davvero) ed essere amata.

Una donna, appunto, che con i suoi dubbi, amarezze, delusioni e sguardi tesi al futuro rappresenta tutte noi.

E, per meglio approfondire la nascita di questo personaggio, cedo la parola all’autrice che ospito volentieri nelle #boodinterviste.

Mettevi comodi e, visto il clima rigido, godetevi qualcosa di confortevole: una cioccolata o una fetta di strudel (eviterei, per il momento, le grappe tirolesi…).

Buongiorno Angelica e ben tornata. Innanzitutto, ti ringrazio per aver accettato questa sfida. Si parlava di donne, poco fa. Vorrei che ci raccontassi come è nato il personaggio di Marianna, chi ti ha ispirata (eventualmente). 

Buongiorno, e grazie a te per avermi dato questa opportunità.

Marianna, in realtà, è un mix. Per lo più sono stata ispirata da una mia cara amica, che ha vissuto realmente alcuni episodi di cui parlo nel romanzo; ma in mezzo ci ho infilato anche qualcosa di me. Soprattutto per quanto riguarda la parte “ansiosa”: la paura di approcciarsi a nuove esperienze, le insicurezze… Marianna ha forse un’eccessiva prudenza nell’affrontare la vita. Poi, quando si butta, si accorge che ne valeva la pena.

Parliamo del momento scrittura. Raccontaci le tue abitudini… ascolti musica mentre scrivi? Sorseggi un tè caldo o sei caffeinomane? Tarda sera o mattino? 

Il caffè mai, se lo prendo non dormo per tre giorni. Però tante tisane, e tè verde a volontà. In genere preferisco scrivere nel tardo pomeriggio/sera. È il momento in cui mi sento più rilassata e le idee nascono meglio. Se scrivo non riesco ad ascoltare musica, ho bisogno di concentrarmi. Ci pensano abbastanza i miei animali a distrarmi. Ho due cani e tre gatti sempre in cerca di attenzioni, quindi immagina…

In termini di ambientazione, questa tua ultima opera descrive uno scenario da fiaba: boschi incantati, neve copiosa, il conforto di una baita. Come mai hai scelto questa location?

Forse perché è la vacanza che vorrei fare in questo momento. I boschi di alta montagna, in parte ancora selvaggi, mi hanno sempre trasmesso una intensa sensazione di libertà. La baita calda e confortevole, invece, è un rifugio, un nido dove sentirmi protetta e al sicuro. Sono due aspetti del mio carattere un po’ in contrasto tra loro: da un lato desidero sentirmi libera, senza troppi legami, dall’altro ho bisogno di sentirmi al sicuro, in un luogo familiare. Entrambi sono comunque modi per evadere dalla realtà quotidiana, e da un mondo che molto spesso non mi piace.

Immaginiamo per un momento Marianna a casa, al rientro dalla vacanza che le ha cambiato la vita. Quale piatto cucinerebbe per la sua prima cena con  il fidanzato? Sul fortunato NON sveliamo altro, ovviamente…

Marianna credo che vorrebbe rivivere le atmosfere che l’hanno resa felice. Quindi sulla sua tavola non mancherebbe un bel piatto di tagliatelle con i porcini, seguito da polenta e formaggio fuso. E, per finire, un bel Kaiserschmarren con i mirtilli, un dolce tipico tirolese. Una cenetta un po’ calorica ma sicuramente molto appetitosa.

Ultima domanda. Quanto contano, secondo te, l’ironia e il destino nella vita di ognuno di noi?

L’ironia è quella che mi ha salvata in tanti momenti tristi della mia vita. È quella che mi ha permesso di tirare giù dal “piedistallo” il mio dolore, per vederlo con occhi meno tragici. Quando si riesce a ridere della vita e di se stessi si è fortunati, perché tutto diventa più lieve.

Il destino lo vedo un po’ come la corrente di un fiume, che tende a trascinarmi in una determinata direzione. Ho sempre avuto la sensazione che sapesse esattamente dove portarmi, e che, se mi fossi opposta, avrei commesso un errore. Quindi credo che sia importante lasciarsi andare, e non cercare di controllare ogni cosa. Non avendo una sfera di cristallo nessuno di noi può sapere cosa riservi il futuro, e quale sia la strada migliore per raggiungere la felicità…

Si ringrazia l’autrice per l’invio diretto del manoscritto e per aver partecipato con grande spirito d’avventura alle #boodinterviste.

Nota biografica dell’autrice:

Angelica Romanin è nata e vive a Ferrara. È diplomata in lingue e ha frequentato la facoltà di scienze biologiche. Attualmente si occupa di restauro e decorazione. Accanita lettrice da sempre, ha pubblicato il suo primo romanzo nel 2008, con Giraldi editore. Riedito a luglio di quest’anno con il titolo di “Uomini, attacchi di panico e altre disgrazie”. È inoltre autrice di una climate-fiction di fantascienza dal titolo “Nel futuro che ci attende”.

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