Dici donna, dici scarpe.
Non siate timide, care amiche, confessate qui e ora il vostro rapporto con le calzature, non temete, nessuno vi giudicherà.
Per alleggerire il peso dei vostri segreti, vi propongo qualche suggerimento…
Ci sono le “occasionali” quelle comprate per il matrimonio del cugino che non vedevi da dieci anni e che ti sei convinta avresti indossato “comunque” anche sotto un paio di jeans; le “belle” quelle col tacco che ti sei regalata in un momento di follia e che non ti sei resa conto ti avrebbero spezzato in due la pianta del piede (la prima fitta è arrivata mentre ti precipitavi a prendere l’autobus, l’ultimo prima dell’ennesimo ritardo al lavoro, e di tornare indietro per cambiarle neanche a parlarne); le “montagna” quelle che solo a guardarle provi una fitta in pieno petto perché ti viene in mente il calzettone rosso antifiacca che sbuca e sale sul polpaccio e quell’espressione attonita che aveva sul viso il tuo compagno davanti al tuo outfit da scalatrice; le “ingiustizia” (o comode) quelle che gli uomini possono usare sempre e tu no, solo perché sei donna. E poi, gli stivali alti, i tronchetti, gli antipioggia, i sandali, le infradito, le ballerine… insomma, il mondo delle calzature femminili è una faccenda seria, anzi serissima, nel quale i gusti e le eccezioni sono sacre. Nessun uomo potrà mai capire il mondo ai nostri piedi. Amen.
Tuttavia, esiste un problema che accomuna uomini e donne, gusti e occasioni: si tratta della misura. Quando la scarpa non è pelle, i problemi sono assicurati. Quando la stretta si fa sentire, il dolore diventa insopportabile. È qualcosa di meccanico, se ci pensate, perché il piede porta il peso di noi e, quando questi è sofferente, allora anche il punto più lontano del nostro corpo assorbe dolore.
Da una scarpa stretta nasce sempre un dolore, perché essere costretti è contro natura.
Questa riflessione, per niente banale converrete con me, è una delle tante che mi ha rivelato “Lo specchio macchiato dal tempo” di Stefania Convalle, edito dall’omonima casa editrice.
L’autrice, in quest’ultima opera, racconta una storia struggente, dal sapore romantico. La sua scrittura è come una carezza, un invito, una porta che si apre sulle vite di tre donne: Minerva, Alice e Vittoria. L’autrice si affida allo stile narrativo che le è più caro e che, ancora una volta, si rivela efficace: la narrazione in prima persona, l’alternanza di voci e i sentimenti che ne derivano formano un mondo nel quale il lettore precipita, nel quale egli si lascia coinvolgere e dal quale non vorrebbe più uscire. Perché il lettore si sente coccolato, vivo, presente… è come se fosse lì, di fronte a quello specchio che diffonde rimpianti e dubbi, paure e ricordi, passato e futuro.
La trama è un susseguirsi si incastri vivacizzati dalle personalità delle tre donne, tre anime che s’incontrano e che sono pronte per raccontare la propria storia; un susseguirsi di eventi e di struggenti immagini, di misteri, di commuoventi ricordi appartenuti a un passato non trascorso. La capacità dell’autrice, in quest’affascinante meccanismo, è evidente ed è la certezza che serve al lettore per continuare la lettura.
Un altro fattore che ho amato è la presenza della scrittrice, in quest’opera. La dedica alla “sua Milano”, città che come una mamma accoglie la trama e incanala la scrittura in un ambiente circoscritto e reale; le note musicali scritte in chiusura, che spiegano, in parte, la dolcezza che si evince tra le pagine, come una musica, appunto. Sì, lo confesso, quando leggo un libro in cui l’anima dello scrittore è presente in modo così ampio mi terrei addosso la lettura per un tempo illimitato, come un paio di scarpe che calzano alla perfezione.
La trama culinaria è inserita con precisione e accentua luoghi ed essenze.
Per i suoi pranzi programmati nella locanda dove Alice è la cameriera tuttofare, Vittoria sceglie tortellini in brodo e un bicchiere di rosso. È questo il solo modo che possiede per addolcire l’amaro che si porta addosso fatto di mistero, segreti, bugie. Non ordina mai il caffè, Vittoria, perché dopo il pranzo ha bisogno di tenere il più a lungo possibile il sapore consolatorio della sfoglia e del ripieno. Di Alice, anche.
Alice è piena di profumi, li tiene sulle spalle, come un mantello nel quale vorrebbe nascondersi, dal quale uscirebbe solo per vedere gli occhi enigmatici di Vittoria. La sua pelle emana aromi di patate al forno o fritte, arrosto, caffè e croissant, soffritto e riso allo zafferano, spaghetti al pomodoro spruzzati di basilico e penne all’arrabbiata e, soprattutto, l’aroma pungente del limone tra le bollicine della Coca Cola. Alice affetta verdure e pensieri, rifiuta polpette al sugo in nome di una solitudine che crede giusta e nel frattempo, una casa le piomba addosso all’improvviso, come una stella cometa.
Anche Minerva, in fatto di dubbi la sa lunga… Lei è l’attrice, una donna che non ha ancora definito la sua strada, una donna che, come una foglia al vento, segue le orme della sua vita, senza viverla davvero. Minerva si fida di Alice, la cameriera che le ricorda il suo personaggio nel film; delle chiacchiere davanti a un Negroni, un caffè e una sigaretta, una pizza in una serata di pausa; delle sue colazioni a base di pancake; di Tommaso, l’uomo che non ha ancora deciso se amare, dei panini e delle birre, del caffè nero che le serve a colazione su una tavola apparecchiata solo per lei. Si fida degli altri, della vita, e intanto si prepara a fidarsi di se stessa.
“Lo specchio macchiato dal tempo” è una storia di amicizia, solidarietà, valori semplici e schietti; è la storia di un tempo passato che volge al presente e al futuro; è riscatto e vergogna; è l’essere figli e madri, incompresi eppure amati. È un viaggio struggente ma lieto, una passeggiata tra i vicoli del cuore, dove le ombre diventano opportunità; è un paio di scarpe strette che l’usura (o i passi, come preferite) ha reso più morbide, più adatte.
Si ringrazia l’autrice per l’invio diretto del manoscritto.
Nota biografica dell’autrice:
Stefania Convalle ha al suo attivo numerose pubblicazioni: romanzi, poesie, opere sperimentali a più mani e un manuale di scrittura. Tra i riconoscimenti più importanti, il Premio Giovani “Microeditoria di qualità”: nel 2017 con il romanzo “Dipende da dove vuoi andare” e nel 2018 con “Il silenzio addosso”; entrambe le opere sono state presentate nel programma “Milleeunlibro” di Rai Uno. Nel 2020 “Anime Antiche” si aggiudica il “Marchio della Microeditoria”.
Scrittrice, organizzatrice di eventi culturali, ha fondato il Premio Letterario “Dentro l’amore”. Writer Coach, Talent Scout, Stefania Convalle è anche editrice dal 2017, anno di fondazione della Edizioni Convalle, “una casa editrice col cuore d’autore”, come ama definirla.
Link di acquisto del libro:
https://www.edizioniconvalle.com/lo-specchio-macchiato-dal-tempo-c2x32928933