“Se c’era una cosa in cui il fuggitivo eccelleva, era la pazienza. La pazienza del guerriero, il sangue freddo del cavaliere”. Citazione tratta dal libro.
La pazienza è una dote che Marcella Nardi, nella sua ultima opera “La Maledizione di Bashaar”, ha espresso bene, nella citazione: è legata a un’azione e al personaggio – fuggitivo e guerriero appunto – ma durante la lettura mi sono chiesta in più occasioni quanto fosse il livello di pazienza (e minuziosa ricerca) che l’autrice ha messo in atto durante la stesura di questo romanzo che colpisce subito, in termini di accuratezza dei particolari.
“Per questo romanzo ho studiato con minuzia eventi, persone reali, località e molto altro”, scrive l’autrice nella nota inziale, prima di introdurre la lista dei personaggi, e questa sua ammissioni mi è stata accanto per quasi tutta la lettura, a conferma di quanto si percepisce dal genere narrativo.
“La Maledizione di Bashaar” è un giallo storico, a tutti gli effetti. L’autrice, però, non si è limitata a scegliere un’unica ambientazione: ha preferito ampliare ulteriormente la narrazione e accompagnare il lettore in un viaggio lungo secoli, in aree geografiche distanti, all’apparenza slegate tra loro. Si parte da Gerusalemme, nel 1100 d.c. circa, e i numerosi personaggi che compaiono – e scompaiono – sono legati a una reliquia avvolta da una maledizione: cavalieri templari, monaci, balivi, magister, priori, guardiani, amanti, nobili crociati inglesi, fuorilegge… giusto per citarne alcuni. Un vasto mondo di voci, personalità, gesti, bisogni, emozioni che si affianca a temi sociali e spirituali che l’autrice ha fatto emergere. Il primo, quello che mi colpito particolarmente, è legato a una domanda-pensiero che uno dei personaggi ha citato, che non lascia indifferenti e che vi riporto:
“E tutto questo in nome di Dio! Che ne sarà di noi nel giorno del Giudizio?”
Lo stile di Marcella Nardi è intenso, schematico e meticoloso: uno stile che noi lettori amiamo ma che, in quest’opera, acquisisce ancora più fascino, in considerazione dell’ampiezza del contesto storico che ha narrato.
Non vi dico altro.
Passo la parola all’autrice che ha accettato il mio invito a tornare a parlarci di lei e del suo romanzo.
VG: Bentornata, Marcella. È sempre un piacere averti qui.
MN: Grazie, Valeria. È sempre un piacere anche per me. Saperti tra chi mi segue, ed essere presente nel tuo blog, mi rende felice.
VG: Vorrei iniziare questa intervista con una domanda che mi è frullata in testa per quasi tutta la lettura. Senza svelarci i segreti del mestiere, potresti raccontarci quale metodo hai usato per reperire le informazioni necessarie alla stesura del romanzo e poi a riordinale? Sono molto curiosa…
MN: Uso più di una fonte. Nella mia libreria cartacea ho molti saggi sul medioevo, sia in termini di momenti storici che di cenni di vita quotidiana. Ho anche dei saggi sui cavalieri templari. Ovviamente, nel tempo, li ho letti tutti. Per questo romanzo, ne ho rispolverato alcuni e poi ho “navigato” tra vari siti web a sfondo storico. Ti accenno solo a un momento di ricerca di tipo “architettura delle cattedrali”. Ricordavo che al tempo avevano inventato un sistema particolare per far suonare insieme le campane, componendo quasi una musica. Ho impiegato circa tre ore a leggere siti di architettura storica sulle campane delle chiese. È stato molto interessante e spero di aver trasmesso bene l’idea quando parlo del Mastro Costruttore e delle sue “scalate” sulla torre campanaria.
VG: Diamo un’indicazione ai lettori che non hanno ancora letto la tua pubblicazione. Chi è Bashaar?
MN: Per chi non è molto ferrato nella storia del tempo delle Crociate, va detto che cristiani, ebrei e maomettani, nei secoli precedenti, andavano d’accordo e che Gerusalemme era la città sacra per tutte queste tre grandi religioni monoteistiche. Lasciando da parte le motivazioni storiche che hanno dato vita alle Crociate (ce ne sarebbe da parlare per ore…), diciamo che anche la Chiesa del Santo Sepolcro era un punto fermo per tutti questi credenti. Bashaar, pur essendo una figura da me totalmente inventata, è un personaggio verosimile. Bashaar è un maomettano la cui famiglia, da molte generazioni, era stata demandata a proteggere una tra le reliquie più sacre della cristianità: un pezzo della Vera Croce di Gesù intrisa del suo sangue. Ma qualcosa di terribile avviene a opera di un nobile cristiano: la famiglia di Bashaar viene ferocemente trucidata e la sacra reliquia strappata dal suo scrigno. Non volendo svelare ciò che va letto, dico solo che da quell’evento parte la trama del romanzo.
VG: Perché hai scelto proprio gli anni delle Crociate?
MN: Amo la storia antica e, soprattutto, quella medievale. Il periodo delle Crociate, oggi molto discusso dagli storiografi contemporanei (e a giusta ragione) offre grande terreno di spunto a uno scrittore. In quel periodo sono nati i Cavalieri del Tempio, cioè i Templari, il commercio delle sacre reliquie è proliferato a dismisura circondato da mille leggende e superstizioni. Insomma… è un periodo intrigante sotto molti aspetti.
VG: Quale dei tanti personaggi di questo romanzo ti ha fatto più penare e qual è stato, invece, il primo che ti ha fatto visita?
MN: Il personaggio che mi ha fatto penare di più è stato un cavaliere Templare, realmente esistito, che a un certo punto divenne Gran Maestro del Tempio. Ne avevo spesso sentito parlare, ma, per la mia trama, avevo bisogno di sapere esattamente l’anno della morte e in quali precise circostanze fosse morto. Questo per capire quali licenze letterarie avrei potuto permettermi. Invece, il primo personaggio che mi è apparso nella mente, quando ho messo giù la trama, e a cui ho dovuto dare un nome e una connotazione ben precisa è Sir Ewart Beringar. Nella Crociata nel 1100, i cavalieri inglesi furono pochi, e tra questi alcuni si distinsero per il loro operato. Per il mio romanzo, volevo che nell’incipit affiorasse il netto contrasto tra la brutalità della carneficina, operata dai soldati cristiani, e un senso dell’onore che nei secoli è sempre stato ad appannaggio di pochi. Sir Beringar, il cui nome non è casuale (era il nome dello sceriffo nella serie Fratello Cadfael) è un uomo leale e di sani princìpi, che si rende conto di quanto una guerra in nome di Dio sia sempre sbagliata. Era questo il concetto introduttivo del mio romanzo.
VG: La superstizione è un tema che hai sparso un po’ ovunque e che ha investito molti dei tuoi personaggi. Quanto contava, all’epoca, e quanto conta oggi, nelle decisioni dell’uomo?
MN: L’essere umano è sempre stato succube della superstizione. Lo è tuttora. È un fatto risaputo che anche regnanti e presidenti siano ricorsi a pratiche di superstizione nel corso della loro vita. Il popolino ci convive giornalmente. Il gatto nero… un esempio. Nel medioevo forse la superstizione era più sentita per via di una maggiore ignoranza a tutti i livelli sociali. Oggi, comunque, si parla della presenza del maligno (oggi lo si chiama invidia o il male) direi non in modo dissimile dal passato. Sotto questo aspetto, poco è cambiato nei secoli. A mio avviso, la superstizione è una forma parallela di religione. Tutto ciò che non si riesce a capire o a spiegare, viene attribuito o a un dio o a forze superiori.
VG: Possiamo chiederci la stessa cosa circa la religione? Religione in senso ampio che, ricordiamo, è alla base della tua opera.
MN: Sono agnostica. Da amante della storia dell’umanità, vedo quanto la necessità di credere a un’entità superiore sia stata sempre presente fin dalla preistoria. La religione ha molto influenzato l’operato della gente a tutti i livelli. Le stesse Crociate, indette in nome del dio dei cristiani, sono un esempio di come si possa arrivare a gesti terrificanti, ritenendo di avere Dio dalla propria parte. La religione ha sempre influenzato il popolo. Ironicamente, gli alti livelli di molte religioni, sono tutto fuorché veri credenti. Questo la dice lunga…
VG: Hai mai visitato, di persona, i luoghi del romanzo?
MN: Solo Londra. Per questo ho dovuto documentarmi molto. Cosa non facile, trattandosi di un periodo così lontano nel tempo.
VG: Non c’è un unico protagonista, in “La Maledizione di Bashaar”. Possiamo definirlo un romanzo corale o preferisci non usare “etichette”?
MN: Non uso mai etichette. Avevo necessità di esprimere concetti diversi e, di conseguenza, mi sono servita di persone diverse. Però sì, lo si potrebbe definirle romanzo corale, ma in modo involontario. Direi che un romanzo corale nasce sempre dalla necessità di esprimere molte sfumature dell’animo umano che, difficilmente, potrebbero essere espresse con pochi personaggi.
VG: Hai ambientato alcune scene nelle locande descrivendoli come luoghi di accoglienza, sociali e d’incontro, oltre che di ristoro. Quanto conta l’ambientazione in un romanzo come questo? Quanto è importante per legare vicende e per la caratterizzazione dei personaggi?
MN: L’ambientazione è sempre importante, almeno io credo così, indipendentemente dal periodo storico trattato. Certo è che in un momento storico in cui non c’era la tv, niente cellulari o computer ecc… la locanda era sicuramente il luogo di incontro della gente comune. Era lì’ che, nel bene o nel male, si stringevano affari, si decideva della morte di qualcuno, si godeva delle delizie delle prostitute ecc… In senso lato, in un romanzo storico, il lettore deve poter “vedere” le scene in luoghi diversi dai nostri attuali. Dunque lo studio di come si viveva, e cercare di rappresentarlo al meglio, è importante.
VG: Il mondo gastronomico è altrettanto vasto: prodotti ittici, birra, vino, pane, zuppe… Hai creato un affresco equilibrato e molto gradevole. Fonti storiche o immaginazione?
MN: Non è la prima vota che scrivo romanzi o racconto ambientati nel medioevo. E comunque mi sono ulteriormente documentata per dare una più ampia visione dei cibi in quel periodo. In queste cose preferisco fonti certe più che immaginazione.
VG: Parliamo ora di composizione dell’opera. Scrivi in ordine cronologico o dai la precedenza ad alcuni capitoli piuttosto che ad altri?
MN: Scrivo di fila.
VG: Quanto tempo hai dedicato alla stesura del romanzo?
MN: Poiché durante la mia giornata tipo tengo lezioni di lingua e faccio traduzioni tecniche, dedico circa 3 ore al giorno alla scrittura. Riesco ad essere relativamente veloce perché la mia editor inizia a curare l’editing già in corso d’opera, smussando e consigliando mentre vado avanti con la scrittura. Questo mi facilita tante cose e, nell’economia generale, mi permette di andare avanti in modo abbastanza veloce. In genere, scrivo 3 romanzi l’anno. È importante capire un altro dei miei metodi. A romanzo terminato, mentre si curano le tre revisioni approfondite, o editing approfondito, io inizio a lavorare sul romanzo successivo. Inoltre, essendo una scrittrice INDIE, decido io i miei tempi di scrittura e poi di pubblicazione.
VG: Parlando invece di pubblicazioni in senso più ampio. Come promuovi le tue opere? Hai qualche consiglio da condividere?
MN: Ne parlo sui social, uso una mia mailing list di persone che nel tempo ho conosciuto.
VG: Ti lascio uno spazio per comunicare con i lettori del Blog. Perché dovrebbero leggere “La Maledizione di Bashaar”?
MN: Ai lettori di romanzi storici dico che credo di aver dosato bene Storia, Intrigo, Mystery e una buona dose di “Giallo”. A tutti gli altri, dico che noi esseri umani siamo più o meno sempre gli stessi, con le stesse pulsioni, stessi sogni e stessi difetti. Questo romanzo li affronta quasi tutti i modo intrigante e… a tutti dico… ho inserito una chicca che si svolge nel 1888. Buona lettura!
VG: Grazie per essere stata con noi, Marcella.
Si ringrazia l’autrice per il file lettura in omaggio.
Nota biografica dell’autrice:
Marcella Nardi nasce nel ridente borgo Medievale di Castelfranco Veneto. Si laurea in Informatica, campo in cui lavora per ventidue anni, tra Segrate e Milano. Nel 2008 si trasferisce a Seattle, USA, dedicandosi all’insegnamento dell’italiano, alle traduzioni tecniche e alla scrittura di romanzi. Molte sono le sue passioni: la Storia antica e medievale, la fotografia, i viaggi, la lettura, il modellismo storico e, soprattutto, una grande fantasia nella stesura di romanzi. Come amante di “gialli” e di Medioevo, Marcella si è classificata al terzo posto, nel 2011, al concorso “Philobiblon – Premio letterario Italia Medievale” con uno dei sei racconti che hanno dato vita al suo primo libro, un’antologia, dal titolo di “Grata Aura & altri gialli medievali”, la cui prima edizione si chiamava “Medioevo in Giallo”.
Nel dicembre 2014 ha vinto il Primo Premio al concorso “Italia Mia”, indetto dalla Associazione Nazionale del Libro, Scienza e Ricerca, con un racconto ambientato a Gradara.
Nel 2022, a novembre, Marcella conquista un altro importante traguardo: Riconoscimento Speciale per il genere Legal Thriller allaXII Edizione del Premio Internazionale Navarro.
Continua a scrivere e dal 2013 ha al suo attivo oltre 16 pubblicazioni. Ha creato due serie poliziesche: “Le indagini del commissario Marcella Randi” (6 romanzi in cui la detective è proprio lei: quasi lo stesso nome e con le sue stesse caratteristiche, fisiche e caratteriali) e “Le indagini del detective Lynda Brown” (2 romanzi). Ha anche creato una serie di genere Legal thriller, ambientato a Seattle, USA: “Le indagini dell’avvocato Joe Spark”. Sulla scia dei mitici “gialli per ragazzi” degli anni ’60 e ’70, ha dato vita a una serie di Gialli Young Adult: “Le indagini di Étienne e Annabella”, dove due studenti universitari si cimentano a fare i detective.
Marcella Nardi ha anche scritto due romanzi mystery/storici dai titoli “Joshua e la Confraternita dell’Arca” e “La Maledizione di Bashaar”, un paranormale, un romance/erotico e alcuni racconti. Si è anche cimentata in un riuscitissimo Spionaggio/Thriller & Suspense, dal titolo “Virus – Nemico Invisibile”. Ultimi lavori: la quinta indagine dell’avvocato Joe Spark, dal titolo “Tutto Torna”; un giallo “soft/cozy” sulla scia dei romanzi gialli degli anni ’50, dal titolo “Non Toccate Jessica Jones”.
Il suo sito web ufficiale è: www.marcellanardi.com
La sua pagina autore su Amazon è: Clicca qui
La sua bacheca Facebook è:
https://www.facebook.com/Marcella.nardi.5
Il suo gruppo Facebook di Cultura e Libri:
Sono onorata di questa bella intervista
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E io che tu abbia scelto Bood. Grazie, a presto.
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grazie inifinite
Marcella >
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