“Ma un giorno il sole cominciò a bussare e cominciai a fare entrare qualche suo raggio caldo nella mia vita”. Citazione tratta dal libro.
Noi tutti siamo in fase di ricerca costante. L’uomo – per sua natura un animale in continuo cambiamento – ha un bisogno primordiale di cercare: se stesso, un miglioramento, un obiettivo più grande, un luogo in cui sentirsi sicuro. Nel suo cambiare, egli mantiene sempre e costantemente il bisogno di amare e di essere amato. È una necessità insostituibile, alla quale non può sottrarsi, perché se è vero che la parte pratica – quella che lo spinge al cambiamento citato poco fa – è più tecnica e razionale, la sfera emotiva sentimentale è la forma in cui converge il senso della vita. L’amore è il centro dell’esistenza ed è l’amore che cerchiamo, sempre, anche quando non vogliamo ammetterlo.
L’amore – questo sentimento tra i più affascinanti della nostra vita – è il tema di “Una straordinaria solitudine”, l’ultima opera di Stefania Convalle, pubblicata dalla Edizioni Convalle.
L’autrice, in questo romanzo, mantiene le caratteristiche stilistiche a lei care e che ormai sono una gradevole certezza per il lettore: narrazione in prima persona, personaggi che raccontano di sé e che si alternano come una danza, e una trama intrecciata secondo uno schema logico e strutturato in maniera esemplare perché permette al lettore di arrivare all’ultima parola insieme a un crescendo di emozioni, di palpitazioni, di pulsazioni.
In questo romanzo, i protagonisti che narrano le loro vite sono Sophie, Maryanne e Victor, e insieme a loro, si alza anche la voce di un luogo mistico: il Golfo dei Poeti. Il mare, le grotte, il vento, la neve, il profumo del basilico fresco e il cielo sono componenti che l’autrice ha reso imprescindibili. Gli ingredienti per immaginare un contesto romantico – da sogno – ci sarebbero tutti non fosse che il titolo – “Una straordinaria solitudine” – crei un contrasto evidente che lascia intendere ciò che, a volte, dimentichiamo. L’amore è un bisogno ma per soddisfare quel bisogno, l’uomo deve affrontare sfide, destini e, soprattutto, se stesso.
Non posso svelarvi molto di più, circa la trama. Il motivo è semplice: Stefania Convalle già dalle prime battute entra nel vivo, con precisione. Per prime battute intendo il senso letterale del temine: siamo nella prima pagina e Sophie, in sole cinque righe, dice molto di sé. Capirete come sia del tutto impossibile svelarvi oltre: sono centosessanta pagine concentrate di fatti, ricordi, emozioni, dolore (tanto, tantissimo), speranza, mancanze, distanze, viaggi oltreoceano, passato e presente, insegnamenti, un’altissima dose di commozione e tanto caffè.
Sì, avete letto bene, non è un errore. Il caffè è un alimento letterario che l’autrice ha usato nella sua forma più semplice ma efficace: quella che crea atmosfera e legami. Legami indissolubili, indelebili, che neanche il tempo può cancellare.
Siete curiosi di saperne di più?
Allora continuate a leggere perché ho invitato l’autrice a trascorrere un po’ di tempo qui e a rispondere a qualche domanda.
VG: Benvenuta, Stefania e grazie di aver accettato il mio invito.
SC: Grazie a te per l’ospitalità!
VG: Ho accennato l’alimento letterario che ho trovato perfetto per la tua opera. Ho contato più di dieci occasioni in cui i tuoi personaggi bevono caffè e in tutti gli scenari hai saputo ricreare l’atmosfera che ho citato poco fa: legami indissolubili. Mi piacerebbe un confronto con te, su questo punto.
SC: Ho un debole per il caffè! Se pensi che uno dei miei primi romanzi s’intitola “Una calda tazza di caffè americano”, già da allora era un elemento che ha fatto parte delle mie narrazioni. Bere un caffè insieme a qualcuno è da sempre un momento d’incontro, di condivisione. D’intimità.
VG: Ci ho girato intorno e forse qualche lettore più perspicace lo ha già capito. Devo ammettere che leggere questa tua opera mi ha commossa e non mi succedeva da tanto tempo. Non solo sul finale, ma anche nel mezzo. È successo anche a te, mentre scrivevi o immaginavi la trama? E, ancora, quanto ti coinvolge – a livello emotivo – l’ideazione dei tuoi personaggi e delle loro vicende?
SC: Come sai scrivo d’istinto, senza un progetto, ma costruendo la storia man mano. “Vivo” la storia insieme ai miei personaggi, condividendo con loro situazioni, vita ed emozioni. Soprattutto emozioni. Mi sono immedesimata sia in Sophie, sia in Victor, come anche in Maryanne, e ogni volta ho provato i loro sentimenti, persino la commozione. Scrivo così.
VG: Parliamo d’amore, un sentimento che hai esplorato più volte, nelle tue opere. Secondo te lo incontriamo o lo costruiamo? Intendo dire: è una questione di destino o è piuttosto un lavoro e un impegno quotidiano?
SC: L’amore è un sentimento che nasce dal cuore, quindi – per me – non può essere qualcosa di costruito. Ce l’abbiamo dentro oppure no. E se l’amore è in noi, allora riusciamo a farlo vivere nel rapporto a due, ma anche nel rapporto con gli altri. Ma anche nei confronti di ciò che ci circonda, che sia la Natura, gli animali, il mondo nella sua interezza. Ma l’amore, da solo, non basta. Richiede impegno, è vero, un impegno quotidiano, specialmente se si parla di amore di coppia; l’amore è anche accettare l’altro, pregi e difetti, e amarlo sempre e comunque.
VG: Chi è il tuo primo lettore?
SC: Quando inizio un romanzo, faccio leggere i capitoli work in progress ad alcune persone che però non sono sempre le stesse, decido al momento. Però c’è una mia carissima amica da tanti anni, Emma Barberis, poetessa e autrice di short story, alla quale invio sempre quello che scrivo. Quindi direi lei, per rispondere alla tua domanda.
VG: Qual è la prima cosa che fai, quando hai scritto la parola “fine”?
SC: Brindo!
VG: Da dove trai ispirazione per le tue opere?
SC: Dalla musica, dalle emozioni che scatena in me, dalla vita che mi circonda, dall’istinto che diventa – a volte – visionario.
VG: Vorrei farti una domanda un po’ provocatoria… Quando ti chiedono che lavoro fai rispondi autore o editore?
SC: Rispondo: casalinga! A parte gli scherzi, il mio lavoro è fare l’editrice. La scrittura è una forma d’arte e quindi non può, a mio giudizio, essere considerato un lavoro, al di là che si guadagni un euro o un milione. L’artista è mosso dalla passione, dal talento che decide di esprimere nella sua opera. Non è un lavoro.
VG: Rendici partecipi, se puoi, dei tuoi prossimi progetti lavorativi.
SC: I progetti lavorativi sono tanti, la mia mente sforna idee alla velocità della luce 😉 ma devo fare i conti col tempo e quindi realizzo quello che posso. In concreto, al momento attuale, sono molto concentrata sulla partecipazione di Edizione Convalle al Salone del libro di Torino che avrà luogo in Maggio. Poi si vedrà. Un passo alla volta, come si suol dire. Per quanto riguarda la mia scrittura, ho in lavorazione un’opera dove raccolgo aforismi estrapolati dalle mie tante opere. Ma nel frattempo, magari dopo il Salone, comincerò un nuovo romanzo, chissà… Scrivere è la mia oasi e quindi lo faccio appena possibile.
VG: E noi seguiremo i tuoi “passi”.
Si ringrazia l’Editore per il file lettura omaggio.
Nota biografica dell’autrice:
Stefania Convalle ha al suo attivo numerose pubblicazioni: romanzi, poesie, opere sperimentali a più mani e un manuale di scrittura. Tra i riconoscimenti più importanti, il Premio Giovani “Microeditoria di qualità”: nel 2017 con il romanzo “Dipende da dove vuoi andare” e nel 2018 con “Il silenzio addosso”; entrambe le opere sono state presentate nel programma “Milleeunlibro” di Rai Uno. Scrittrice, organizzatrice di eventi culturali, ha fondato il Premio Letterario Dentro l’amore. Writer Coach, Talent Scout, Stefania è anche editrice dal 2017, anno di fondazione della Edizioni Convalle, una casa editrice col cuore d’autore, come ama definirla.