“A chi si è battuto e continua a battersi per la parità politica, economica e sociale tra donne e uomini per eliminare tutte le discriminazioni”. Dedica tratta dal libro.
Non sono solita iniziare i miei articoli citando la dedica che apre un’opera perché ho sempre pensato che questa sezione dei libri è intima, quasi una porta sul cuore dell’autore che ogni lettore deve incontrare a suo modo e interpretare secondo l’emozione del momento. Oggi, però, ho deciso di fare un’eccezione perché la frase che ho riportato ha un sapore nuovo, intenso, che ha scavato in profondità, che mi ha fatto riflettere sul peso delle nostre scelte e che mi ha accompagnato per tutta la durata della lettura di “Tutta la vita davanti – Quando la sciura Marpol era Nora” l’ultima fatica letteraria di Miriam Donati e Anna Maria Castoldi, edito da Scatole Parlanti.
Abbiamo già conosciuto le autrici e Onorina (la sciura Marpol) è un’icona, un personaggio che, una volta incontrato, difficilmente ti dimentichi. Ora, in quest’opera e come anticipato dal titolo, abbiamo il piacere di conoscere Onorina – Nora – da giovane, quando il suo futuro era ancora tutto da scrivere.
Siamo negli anni ’60, a Maranese, un paese immaginario alle porte di Milano e Nora sta per sperimentare la sua prima indagine. Non solo. Il mondo di Nora è in continuo movimento: ci sono gli amici, c’è l’amore, lo studio, il lavoro, la famiglia; c’è la delusione, il conflitto di essere donna, la voglia di affermarsi e di far sentire la propria voce.
L’atmosfera è, ancora una volta, quella alla quale le autrici ci hanno abituato: una dolce tensione densa di fatti da scoprire ma arricchita, questa volta, dall’amore, dalle speranze e dei dubbi che la giovane Nora vive con passione.
Ora, per meglio addentrarci nell’opera, passo la parola alle autrici.
VG: Buongiorno Anna Maria, buongiorno Miriam. Bentornate!
Buongiorno Valeria, ben ritrovata! Grazie per questa nuova intervista.
VG: In queste settimane, mentre leggevo la vostra opera, ho avuto modo di riflettere sul significato della libertà, un significato che sembra sempre più offuscato dagli eventi che si stanno verificando. Cos’è, per voi, la libertà?
Domanda pertinente proprio per gli eventi cui stiamo assistendo. Se il nostro libro ti ha suscitato una riflessione così importante, riteniamo di aver raggiunto un piccolo obbiettivo. Scrivendo questo prequel abbiamo avuto modo di ripensare al tema della libertà insieme a Nora, la sciura Marpol ventenne nel 1964, che ha dovuto fare i conti con le costrizioni, esterne e interne, che restringono lo spazio di libertà individuale. Tutti noi in gioventù abbiamo vissuto l’anelito alla libertà e il peso delle catene che la limitano perché la libertà é uno spazio interdipendente da quello delle persone che ci stanno intorno e varia a seconda dell’età, del genere, delle possibilità economiche, sociali, del posto dove si vive etc. Ancor di più se si è donne. Ci tenevamo a raccontare seppur in un romanzo giallo quanto difficili, in termini di autodeterminazione e parità, siano state le conquiste da parte delle donne e quanto siano, a volte, date per scontate o rimesse in discussione.
VG: Ancora una volta, ho percepito una gradevole armonia e una completa sinergia della tecnica di scrittura. Come ci riuscite? Vi dividete i compiti, per esempio una mano si occupa di dialoghi e l’altra delle descrizioni? Siamo molto curiosi, raccontateci – ma non svelateci – i vostri segreti…
Ciò che tu chiami sinergia per noi è scrittura compenetrata, così definiamo la nostra scrittura di coppia, cioè il risultato finale di un lavoro prima di tutto su noi stesse, nel senso che alla base c’è la consapevolezza della nostra unicità. Tale consapevolezza rende possibile il fluire della scrittura, senza paura di essere di più o di meno dell’altra, mettendo al primo posto la storia che andiamo raccontando. Per questo non ci dividiamo i compiti. Descrizioni, dialoghi e caratterizzazioni dei personaggi sono il frutto della somma, della miscela e della sottrazione delle due scritture che diventano una terza originale scrittura.
VG: Nora, al lavoro, consuma la sua “schiscètta”, durante la pausa pranzo. Quest’immagine mi fa tornare alla mente un pranzo semplice, strettamente legato alla cucina di casa. Racconta anche molto della personalità della vostra protagonista che io definisco autentica. Qualche altro aggettivo per descrivere Nora?
Attenta, curiosa, perspicace, dotata di logica divergente che la fa andare oltre i luoghi comuni, le apparenze, ma anche giovane, e la giovinezza può essere pesante da portare. Come infatti le succede, perché ancora non ha deciso cosa fare della propria vita. È divisa tra Maranese e Milano, tra lavoro e studio, tra due uomini e ha persino un doppio nome. É in un momento difficile, è incerta su se stessa e sulle decisioni da prendere e un delitto avvenuto in Bovisa a Milano, dove lavora, che ha come vittima una giovane donna, moglie e madre, che le malelingue ritengono “che in qualche modo se la sia cercata… sicuramente aveva un amante” la stimola a indagare per difendere l’onestà della vittima: Lo fa in modo inconscio perché lei stessa ha bisogno di capire cosa può fare una donna. Indagare le serve per fare chiarezza sui propri desideri. Ma non è sola: c’è Mary l’amica e collega che la aiuta negli incontri con i vicini della vittima, il maresciallo che la incita a pensare con la propria testa, la vicedirettrice della scuola serale che frequenta che la fa riflettere sul ruolo della donna, la nonna che la tiene ancorata ai valori familiari, ci sono gli amici del treno con i quali discute i fatti del giorno e infine c’è l’amore, per due uomini molto diversi, che la confonde.
VG: Avete raccontato la condizione della donna, in un periodo storico di profonda transizione. A che punto siamo, secondo voi, nel 2022? Domanda non semplice, me ne rendo conto…
Rifacendoci alla risposta data alla prima domanda, purtroppo, ci sono nel mondo situazioni di arretratezza sociale e culturale che scontano soprattutto le donne. Il mondo occidentale vive di contraddizioni. Pur essendo considerato evoluto, permette che ci siano ancora sia situazioni di disparità economica e retributiva (il famoso tetto di cristallo continua a restare intatto), sia arretratezze culturali con rigurgiti di mentalità sessiste e patriarcali che cercano di far tornare le donne nei soli e unici ruoli tradizionali di mogli e madri. Devono essere le donne a non abbassare la guardia sui diritti acquisiti e cogliere ogni occasione e opportunità per ribadire la loro autodeterminazione, incoraggiando anche nella vita quotidiana, un cambio di mentalità nei propri compagni e favorendo nell’educazione dei figli il rispetto dei generi senza discriminazioni e pregiudizi. C’è ancora molto da fare, la strada purtroppo è ancora in salita.
VG: Passato, presente o futuro. Cosa conta di più nella vita e nella stesura di un’opera narrativa?
Nella vita hanno la medesima importanza secondo noi. Il passato non ci abbandona mai e viviamo il presente che è tale per il vissuto che ci ha formato, ma senza progetti, o meglio, senza sogni per il futuro non saremmo completi. Nella scrittura dei nostri libri il passato è sempre una parte importante che influisce sugli avvenimenti del presente, non tanto e solo perché la storia si ripete, perché ormai abbiamo imparato che non ne teniamo conto, quanto perché fornisce gli elementi per analizzare la realtà che ci circonda e l’eventuale chiave per capire cosa ci potrà accadere. Anche in questo ultimo libro, il passato ha un peso nel determinare il presente dei personaggi e nello spingerli verso scelte che decideranno il loro futuro, esattamente come succede nella vita reale. E come dice la Szymborska “…Ogni inizio infatti è solo un seguito, e il libro degli eventi è sempre aperto a metà (Amore a prima vista- cit. dall’esergo)
VG: Orario e luogo migliore per scrivere. Esistono davvero?
Chi siamo noi per sfatare leggende che scrittori famosi hanno divulgato? Ogni autore ha le proprie abitudini, a volte, addirittura al limite della superstizione o scaramantiche. Quello che possiamo dire è che noi approfittiamo dei momenti liberi perché la vita viene prima di tutto, perché senza la vita non c’è scrittura anche se quando un’idea ti si ficca in testa non ti lascia tregua: non c’è giorno e non c’è notte per lei finché si deposita sulla carta tradotta in parole. L’unica regola è cercare di scrivere tutti i giorni, con qualche eccezione: per entrambe le vacanze. Ecco che emerge ancora la nostra diversità. Infatti l’una scrive appena sveglia, quasi che nel periodo di relax siano le notti a fornire gli spunti per la scrittura del mattino. Per l’altra le vacanze equivalgono a viaggiare e quindi ha tempo solo di prendere appunti.
VG: Il tema della diversità è stato sfiorato spesso. Onorina, riferendosi all’amicizia tra suo padre e un amico di famiglia, resta ammirata dalla stima che fa da padrone alla loro amicizia anche se entrambi hanno pensieri differenti. Quanto è importante, secondo voi, veicolare messaggi di questa portata nei vostri libri?
La nostra percezione è che i messaggi si nascondano a nostra insaputa nel testo, non l’abbiamo mai deciso a priori, è probabile che l’inconscio si prenda delle libertà. Comunque è bello scoprirli da segnalazioni di lettori. Secondo noi alla base di ogni sentimento deve esserci il rispetto, se manca quello non ci sono le basi per un sincero sentimento, che sia amicizia o amore. Facile essere amici quando si è uguali in tutto, valori, preferenze, modo di vivere, più difficile quando l’amico è l’esatto nostro opposto e le sue scelte non sono condivisibili. Il bello dell’amicizia è proprio non giudicare e rispettarle. Ed è quello che succede quando Nora rivela la sua situazione sentimentale all’amica Mary che si dimostra solidale e non se la prende per il ritardo nella confidenza: ci sono segreti che è difficile condividere e ognuno ha i propri tempi.
VG: Un altro fattore che emerge è l’importanza di appartenere a una comunità che evolve ma che, in un certo senso, protegge. Quanto contano, gli Altri, nelle nostre scelte?
Nessun uomo è un’isola dice John Donne ed è vero. Senza gli altri con cui confrontarci o specchiarci saremmo un infinito soliloquio con noi stessi. E questo assunto è chiaramente percepibile in ogni nostro libro: nel primo Delitti nell’orto attorno alla protagonista c’è il coro del paese, nel secondo Fughe e ritorni, il gruppo del commissariato e gli amici artisti, in quest’ultimo Onorina/Nora è circondata da diversi gruppi come succede sempre in gioventù quando gli orizzonti si allargano il più possibile perché la vitalità del periodo ha bisogno di non trovare dei limiti per consolidarsi in un nucleo identitario.
VG: Vi lascio uno spazio aperto, per comunicare con i nostri lettori. Graditi, come sempre e per puro suggerimento, sono i progetti per il futuro…
Cari lettori ci fa sempre piacere avere un vostro riscontro. Sappiate che quest’ultimo libro è nato proprio da una vostra domanda. Infatti nelle presentazioni dei primi due libri più volte ci è stato chiesto come fosse la sciura Marpol da giovane e ciò ha stimolato la nostra immaginazione. Non sapevamo a cosa saremmo andate incontro! Mesi di ricerche per entrare nell’atmosfera di quegli anni di fervore: i mitici anni sessanta, la crescita economica e sociale, il sessantotto all’orizzonte. Poi la difficoltà di destrutturare un personaggio per arrivare al nucleo primigenio dal quale nascono le caratteristiche di Onorina adulta con il rischio di snaturare il personaggio. Siamo comunque contente di aver raccolto il suggerimento e speriamo di essere riuscite a trasmettere l’entusiasmo di quegli anni che ci ha contagiato. Per quanto riguarda i progetti… abbiamo Tutta la vita davanti, chissà cosa ci riserverà il futuro? Approfittiamo di questo spazio per porre adesso una domanda a te che scrivi e hai pubblicato un libro: com’è stare dall’altra parte?
E io rispondo a voi, care autrici, con molto piacere. Stare da questa parte è una sfida. Entrare ogni volta nelle pieghe più intime delle pagine e cercare di portare alla luce ciò che si può dire e tener nascosto ciò che il lettore deve scoprire da sé è, ogni volta, come iniziare daccapo, una dolce scoperta che mi riempie di gioia. Scrivere e leggere. Leggere e scrivere. Due verbi che nascondono, di fatto, lo stesso grande amore: quello verso i libri.
Vorrei concludere questo articolo con un’ulteriore nota. Avrete notato che non è stata indicata la sigla accanto al nome, accanto a chi, cioè, ha scritto la risposta e nemmeno la sottoscritta ha saputo da quale mano è uscito il testo. Ho apprezzato moltissimo, questo gesto, perché è un’ulteriore conferma di ciò che la scrittura compenetrata (prendo in prestito la citazione delle autrici) fa emergere: un valore che unisce, e che mai come oggi, è tanto prezioso quanto raro. Grazie, allora, ad Anna Maria e Miriam che con il loro libro, le loro parole e la loro rispettosa amicizia hanno saputo regalarci sane riflessioni.
Si ringraziano le autrici per la disponibilità e l’ufficio stampa, nella persona di Valentina Petrucci, per la copia lettura in omaggio.
Biografia delle autrici:
Anna Maria Castoldi e Miriam Donati, nate negli anni Cinquanta, abitano ai confini nord di Milano. Hanno esordito con Delitti nell’orto (Happy Hour Edizioni, 2017), riedito con un’indagine supplementare da Edizioni Convalle nel 2020. Tra le loro pubblicazioni figurano anche Fughe e ritorni – La sciura Marpol indaga ancora (Scatole Parlanti, 2018), finalista al premio “Garfagnana in Giallo Barga Noir” (2018) e La svolta (Edizioni Convalle, 2019), finalista al concorso “Dentro l’amore” (2019), scritto con Giuseppe Milanesi.
Il sito della casa editrice è: http://www.scatoleparlanti.it