L’autunno è arrivato, e con lui i colori caldi della Terra: l’arancio deciso delle foglie, le sfumature intense dei sempreverdi, la scia della nebbia che scende calma e il cielo azzurro che cede spazio ad albe, tramonti e a nuvole talvolta dense.
Questa è una delle stagioni più celebrative, in termini naturalistici, e uno dei luoghi dove l’Uomo può ammirare al meglio lo splendore è sicuramente il bosco: un ecosistema affascinante, quasi mistico, dove la calma e il silenzio fanno da padrone e dove ogni vita ha un suo spazio definito. Il bosco che si sviluppa tra le colline, poi, in autunno ma non solo, esprime un fascino ancora più autentico: pensate a quei saliscendi naturali che ricordano un andamento simile alla vita, alle ombre che si avvicinano e si allontanano dal sole che rimandano a gioie e dolori e, anche, quel paesaggio che, da lontano soprattutto, cattura lo sguardo spezzando la monotonia della pianura per dimostrare che abbiamo bisogno di stimoli, di cambiamenti.
Il bosco, la collina, i colori e i profumi sono alcuni dei protagonisti del romanzo “Amare una volta” di Davide Mosca, edito da Salani: siamo nelle Langhe, un territorio che, data la sua naturale bellezza, è diventato Bene protetto dall’UNESCO. La struggente presenza di questo luogo è – appunto – una costante: l’autore ha usato una scrittura descrittiva, ricca di particolari, quasi fotografica: il risultato è un quadro nel quale il lettore s’immerge e, nella sua natura semplice e visiva, resta fino alla fine. Il luogo è sempre lì, accanto al lettore, nelle pagine che si rincorrono, nella lettura che ti avvolge e che ti arricchisce.
Se l’area naturale è uno degli aspetti che maggiormente ho percepito, la casa è uno degli altri luoghi che non dimentichi facilmente, quando hai terminato questo romanzo. Si tratta di un ambiente grande, dove la cucina è il fulcro della famiglia, dove la famiglia fonde le sue origini. La casa è come un faro – e come potremmo esprimere il contrario – e, anche in questo, l’autore esprime una notevole delicatezza narrativa: le descrizioni saziano e i sentimenti che nascono sono di spessore, autentici, e rispecchiano l’essenza dei personaggi che ci vengono raccontati da una voce senza eguali. Lei è Virginia – Ginia – ed è lei che conduce il lettore nella sua famiglia, i Costamagna, nella sua casa, una grande villa attorno alla quale ci sono filari d’uva e bacchi da seta, alberi da frutta rigogliosi e orti da curare, nella sua terra, quel basso Piemonte che a ridosso della fine della seconda guerra mondiale era ancora un punto nascosto ma strategico.
L’ambientazione temporale, lo avrete capito, è proprio la metà del secolo scorso quando il nostro Paese soffriva perdite umane e povertà, quando il benessere di un tempo era stato reso nullità a causa del conflitto mondiale (come è successo alla famiglia di Ginia) e le donne erano una forza indispensabile, anche se loro non ne erano consapevoli.
Il ruolo delle donne, in questo romanzo, è un tema che ritroviamo spesso e che, a mio avviso, è stato trattato con grande rispetto. In primis, la sensibilità dell’autore che si cala nei panni di una voce narrante femminile è stata una gradevole scoperta (scoprirete da soli l’immensa empatia di Ginia). L’autore, infatti, non ha timore di affrontare il suo personaggio: asseconda la sua ribellione, traccia la sua furbizia, narra i suoi ricordi, accende il suo desiderio ed esprime ogni sua riflessione. Il tutto con semplicità e naturalezza e, così facendo, la narrazione risulta omogenea, fluida. C’è poi un altro personaggio femminile che ho amato: la mamma di Ginia. Sempre attraverso gli occhi della ragazza, conosciamo una figura matriarcale perfettamente in linea con il periodo storico: una fine intelligenza e uno spirito di adattamento da far invidia, un contenitore umano ed ermetico di confidenze e un cuore mite, inspiegabilmente. La sua presenza, la sua vicinanza, le sue parole dolci sono stati un altro gradevole incontro. La terza figura femminile è la Duchessa, la nonna di Ginia. L’altro lato dell’essere donna, direi. Una miscela di rigore e autorevolezza, di infelicità e strigliate gratuite, di solitudine e incomprensioni, di rammarico e nostalgie taciute.
“Amare una volta” potrebbe essere, al primo sguardo, una storia d’amore e per certi versi lo è. L’amore che travolge Ginia è certamente il perno del racconto, un amore acerbo ma totalizzante, come solo il primo amore sa essere. Tuttavia mi permetto di dire che parlare solo di amore, in riferimento a questa lettura, sarebbe riduttivo. I temi che ho letto meriterebbero, tutti, un articolo a parte: il ricordo degli avi che costituisce le nostre radici che, anche lontani, sono vivi; la violenza verbale e fisica che mette in luce situazioni di disagio; il ruolo della famiglia nella sfera sociale, comunitaria, e nei confronti dei componenti stessi; la crisi economica (che in ogni epoca torna, puntuale e severa); la libertà, la morte, la guerra (e non solo quella che si compie al fronte); l’istruzione e il sapere come diritto di ognuno; il futuro che qualche volta fa a pugni col passato e la voglia di riscatto; la felicità che crediamo ci debba appartenere e, infine, il bisogno di casa, quel bisogno che, ancora oggi, qualche volta, non trova la giusta definizione. Ne ho citati alcuni, ma questo spazio è davvero troppo esiguo per implementare l’analisi. Lascio a voi, lettori, la possibilità di scovarne altri e di apportare le giuste riflessioni.
Infine, la nota gastronomica. In un contesto letterario come questo, complesso e strutturato, i sapori costituiscono un aspetto irrinunciabile. Ci sono i frutti dell’orto e del frutteto: peperoni e fichi; i frutti della natura: i preziosi noccioli; i frutti del lavoro: le marmellate, le conserve, il moscato, il dolcetto e il barbera, il grano e i legumi. L’autore usa piatti di minestra per riscaldare la cucina resa gelida da uno degli interventi della Duchessa; vassoi di robiola e toma per far ritrovare l’appetito al padre di Ginia; colazioni a base di latte caldo e pane, per iniziare una giornata nuova e il brasato, a cena, per celebrare una giornata proficua.
Consiglio di lettura: “Amare una volta” è una storia di famiglia, densa di ricordi e sentimenti, ingiustizie e scoperte. Una trama gradevole, e un’ottima compagnia, in vista delle fresche sere d’autunno.
Si ringrazia l’ufficio stampa per l’invio della copia elettronica in omaggio.
Breve biografia dell’autore:
Davide Mosca è nato a Savona e vive a Milano, dove dirige la libreria Verso. Ha pubblicato vari romanzi, l’ultimo è Breve storia amorosa dei vasi comunicanti (2019).
Il sito internet dell’editore è: http://www.salani.it
Come sempre, una bella recensione.
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Grazie, sei sempre gentilissima.
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